Anno 2002

ASSEMBLEA ANNUALE ORDINARIA e RIUNIONE - 26 gennaio 2002

L’o.d.g.è il seguente:
1. assemblea ordinaria annuale
2.
presentazione di novità bibliografiche
3.
seminario di studio su Storia ecclesiastica, storia diocesana, storia religiosa. Esperienze a confronto. Introduzione ai lavori di G. Romanato, S. Ceccon, L. Pamato, A. Rigon. Interventi programmati di D. Cervato, D. Gallo, A. Scottà, L. Servadei.

     Il presidente prof. G. Romanato apre la riunione con un caloroso benvenuto ai presenti e con delle comunicazioni riguardanti eventi personali di alcuni socii, ai quali la Societas partecipa la solidarietà nel dolore (ad Antonio Rigon per la morte della mamma e a Giuseppina Gasparini De Sandre per quella del marito, prof. Giorgio De Sandre) e nella gioia (a Paola Barbierato e Leopoldo Saggin per il loro matrimonio, che si celebrerà il prossimo 25 aprile).

     Ad un anno dalla entrata in vigore del nuovo statuto (per il quale va un grazie particolare al prof. A. Rigon, presidente che ha traghettato la Societas verso una nuova fase di crescita), si presentano il bilancio consuntivo del 2001 e il preventivo del 2002, preparati con cura da Ornella Tommasi sotto la guida competente del dott. G. Agostinis.

     La votazione che segue approva entrambi all’unanimità.

     Dopo cinque anni in cui era ferma a L. 30.000, si propone di portare la quota sociale a 25 euro, comprensivi quest’anno del volume contenente gli atti del corso della Societas del 2001 (Cattolici, Chiesa e società nell’Ottocento, a cura di G. Romanato, Studi e testi Civis, Trento 2001). La proposta è approvata all’unanimità. (Il volume sarà a disposizione già dalla prossima riunione).

     Vengono segnalate alcune novità bibliografiche (da S. Ceccon, P. Sambin, G. Romanato) e fatti girare numerosi volumi. È, inoltre, presentato, nella sua articolazione definitiva, il corso annuale su Islam e Armeni. Esperienze di conflitto e di convivenza.

     Storia ecclesiastica, storia diocesana, storia religiosa. Il prof. G. Romanato introduce i lavori della riflessione seminariale spiegando come questa sia emersa dall’esigenza di operare una sintesi panoramica di varie iniziative o concluse o ancora in atto sull’argomento. Il riferimento è, in particolare, alla collana “Storia religiosa del Veneto” nella quale sono apparsi finora otto volumi relativi alla storia di altrettante diocesi del Veneto (Venezia, Chioggia, Vittorio Veneto, Treviso, Vicenza, Padova, Belluno-Feltre, Verona); il nono (Adria-Rovigo) è appena stato pubblicato e il decimo e ultimo (Concordia) è in fase di avanzata preparazione. Ma anche altre rilevanti iniziative a carattere storiografico sono fiorite in questi anni in alcune diocesi del Veneto. La diocesi di Venezia ha ricostruito in dettaglio la propria storia con i dieci volumi della collana “Contributi alla storia della Chiesa veneziana”, editi dallo Studium cattolico veneziano. Padova ha avviato fin dal 1967 la solida collana “Fonti e ricerche per la storia ecclesiastica padovana”, all’interno dell’Istituto omonimo che ha pubblicato ormai una trentina di volumi. A Vicenza la ristampa dei due volumi di scritti sulla diocesi berica di G. Mantese si è affiancata alla copiosa produzione promossa dall’“Istituto per la storia religiosa e per la storia sociale”.

     A queste pubblicazioni va aggiunta la catalogazione sistematica del patrimonio storico-artistico ecclesiastico in atto in alcune diocesi venete, all’interno di un programma nazionale che vede la sinergia del pubblico e del privato, cioè di enti pubblici e della CEI. La diocesi di Adria-Rovigo ha già concluso questo lavoro e dispone, quindi, della schedatura di tutto il suo patrimonio artistico-culturale.

     Inoltre, un convegno dal titolo Storia della Chiesa – tra ordinamento politico-amministrativo e strutture ecclesiastiche in Europa, ha visto riuniti dal 18 al 20 ottobre 2001 numerosi studiosi europei a villa Cagnola di Gazzada (Varese) per lavorare intorno a un’iniziativa proposta dalla Fondazione Ambrosiana e dall’École Française di Roma. La Societas è stata presente in quella sede con alcuni soci in qualità di relatori, ma molti soci sono coinvolti anche nelle altre iniziative sopracitate come autori, curatori, collaboratori o catalogatori del patrimonio ecclesiastico.

     Coincideva, quindi, con la stessa ragion d’essere della Societas riflettere sui risultati, le acquisizioni, i limiti del lavoro svolto, cui si è aggiunta un’analisi relativa soprattutto alla situazione nell’area veneta, mettendo a fuoco pregi e limiti del lavoro finora compiuto e concludendo con alcune proposte di contenuto e di metodo.

     I contributi programmati di S. Ceccon, L. Pamato, A. Rigon, D. Cervato, D. Gallo, L. Servadei, A. Scottà (assente, ma la sintesi del suo intervento è stata fornita da Romanato) hanno dato il via a un dibattito vivace, aperto, sempre costruttivo. La ricchezza e la spinta progettuale della discussione sono state alla fine raccolte in una mozione approvata all’unanimità, da inviare a varie autorità, istituzionali e non, del Triveneto e a livello nazionale.

Il testo di questa mozione è allegato, in un foglio a parte, al presente resoconto.

Padova, 8 aprile 2002

Rosetta Frison SegafredoSegretaria
Gianpaolo RomanatoPresidente

MOZIONE - 26 gennaio 2002

La Societas veneta per la storia religiosa, libera associazione con sede a Padova, presso la biblioteca dell’abbazia di Santa Giustina, comprendente un’ottantina di studiosi operanti nelle università, scuole, seminari, istituti di ricerca del Triveneto, riunita il 26.1.2002 nella propria Assemblea annuale, dopo avere esaminato la più recente produzione storiografica in materia di storia diocesana ed ecclesiastica, ha approvato la seguente mozione.

     La Societas veneta per la storia religiosa si compiace per la felice conclusione di due impegnative iniziative storiografiche che hanno positivamente coinvolto centinaia di studiosi: la “Storia delle diocesi Lombarde” in dodici volumi pubblicati dalle Edizioni La Scuola di Brescia e la “Storia religiosa del Veneto” in nove volumi editi dalla Gregoriana di Padova e dalla Giunta Regionale del Veneto. Con tali opere la storia religiosa di due grandi regioni italiane esce finalmente dall’ombra e può entrare nel circuito della storiografia al pari della storia politica, civile ed amministrativa. Largamente positiva appare anche la collaborazione che si è instaurata fra studiosi appartenenti alle università o alle scuole dello Stato e agli Istituti ecclesiastici.

     Le due collane citate, unitamente ad altre analoghe iniziative, fanno sperare che il recupero della memoria storica, della quale la storia religiosa – ben più ampia della mera storia ecclesiastica – è parte essenziale e inseparabile, avvenga senza appiattimenti o deformazioni sul presente ma anche senza ricostruzioni strumentali o partigiane del passato.

     Ciò appare tanto più necessario in questa fase storica, nella quale la debordante presenza dei media dà quasi l’impressione che la nostra vita si svolga in un eterno presente, senza continuità con il passato e senza prolungamento nel futuro.

     La Societas auspica altresì che nei seminari e negli istituti ecclesiastici abbiano sempre più spazio, accanto alle scienze teologiche, anche le discipline storiche, in un fecondo contatto con la comunità scientifica, al fine di educare i futuri pastori ad una consapevolezza globale e serena del passato cristiano, ugualmente lontana sia dall’enfasi autocelebrativa, sia dalla foga autocolpevolizzante.

     Confida inoltre che archivi e biblioteche degli enti religiosi dove spesso si trovano le tracce più antiche del nostro passato, siano custoditi con la massima cura e posti sempre più liberamente a disposizione degli studiosi.

     Si augura altresì che la catalogazione in atto in molte diocesi dei beni storico-artistici contribuisca a preservare per le future generazioni, mettendolo al riparo da ulteriori dilapidazioni o rendendone possibile l’eventuale restauro, un patrimonio che non rappresenta soltanto un valore estetico o antiquario ma è il prodotto della fede, della pietà, del gusto e spesso dei sacrifici di generazioni e generazioni di fedeli.

     La Societas infine, per quanto lo consentono le sue disponibilità, si pone al servizio di quanti intendano accostarsi con questi sentimenti alla storia che ci sta alle spalle, auspicando al contempo di trovare nei propri interlocutori analoga apertura e disponibilità.

Padova, 26 gennaio 2002

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RIUNIONE - 20 aprile 2002

L’o.d.g. è il seguente:
1. scambio di informazioni sulle attività in corso
2. presentazione di novità bibliografiche
3. Mariaclara Rossi, Gli “uomini” del vescovo. “Familiae” vescovili a Verona (1259-1350), Venezia 2001.

     Il presidente G. Romanato introduce la riunione riferendo alcuni dati relativi al corso Islam e Armeni. Esperienze di conflitto e di convivenza. L’interesse che ha suscitato è evidenziato dal numero degli iscritti (circa 160, con buona frequenza) e dalla insistente richiesta di pubblicazione degli atti che dipenderà dal reperimento dei fondi necessari. Il volume contenente gli atti del corso del 2000 (Cattolici, Chiesa e società nell’Ottocento) è, invece, disponibile.

     Emerge dai presenti il suggerimento di cercare un collegamento con altri istituti o associazioni affini per interessi alla Societas, allo scopo di realizzare uno scambio di informazioni sulle rispettive iniziative.

     F. Trolese dà notizia dell’avvio dei lavori di preparazione del convegno: Giustina e le altre. Sante e culti femminili in Italia settentrionale dalla prima età cristiana al secolo XII, che si terrà a Padova dal 4 al 6 ottobre 2004. Chiede, inoltre, la collaborazione dei soci per una ricognizione sufficientemente attendibile dei loca sanctarum et reliquiarum di una serie di figure femminili.

     A sottolineare il clima di condivisione personale esistente nella Societas viene, inoltre, ricordata la professione solenne di don Federico Lauretta, membro della comunità monastica di Santa Giustina, avvenuta lo scorso 7 aprile. Auguri calorosi vengono espressi a Federico da tutti i presenti.

     Presentano volumi: Sambin, Rigon, Lauretta, Romanato.

     Il presidente presenta brevemente Mariaclara Rossi: laureata in storia medievale con la professoressa Giuseppina Gasparini De Sandre, è stata dapprima insegnante di lettere nella scuola secondaria. Ha poi conseguito il dottorato di ricerca in Storia della Chiesa medievale e dei movimenti ereticali; è attualmente titolare di un assegno di ricerca presso il Dipartimento di storia dell’Università di Verona.

     La relazione, che ha come tema le “familiae” vescovili a Verona tra XIII e XIV secolo, è preceduta da una breve rassegna dei principali studi che hanno preso in considerazione la questione dei collaboratori vescovili. Pone poi in luce come, nell’esercizio delle sue funzioni, il vescovo fosse affiancato da un numero variabile di collaboratori e funzionari, con incarichi di carattere liturgico, amministrativo, giudiziario ma anche di servizio personale e domestico.

     Le fonti, soprattutto nell’epoca basso-medievale, non sempre rendono possibile la ricostruzione dei ‘profili biografici’ di tali personaggi: quanti erano, le modalità di reclutamento, le mansioni concretamente svolte ecc… Emerge tuttavia la necessità di studiare a fondo l’entourage dei vescovi per conoscere la gestione organizzativa delle diocesi, per individuare le relazioni dei presuli con le istituzioni urbane, civili ed ecclesiastiche e per affrontare lo studio degli episcopati in modo più articolato e dinamico.

     La comparazione, appena accennata, tra la realtà veronese e quella padovana (studiata da Paolo Sambin) dimostra infine che vi erano forti differenze di carattere locale all’interno delle familiae vescovili (differenze riguardanti la consistenza numerica, la diversificazione delle mansioni, la presenza di forestieri o la prevalenza di ‘locali’, la percentuale di laici, la percentuale di clero regolare o secolare, la presenza di personaggi legati al potere civile ecc…). È del resto naturale che esistessero simili differenze, dal momento che le dimensioni delle diocesi erano diverse e così pure la loro importanza politica e i legami con la Sede Apostolica: elementi che si riflettevano sulla composizione dell’entourage vescovile e che dimostrano la necessità di approfondire il tema in un’ottica comparativa.

     Segue una interessante discussione con interventi di Romanato, di Rigon, di Trolese, di Vedovato e di Sambin, che conclude affermando che “questa allieva di Giuseppina De Sandre onora la scuola di Verona”.

Padova, 3 maggio 2002

Rosetta Frison SegafredoSegretaria
Gianpaolo Romanato
Presidente

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RIUNIONE - 18 maggio 2002

L’o.d.g. è il seguente:
1. scambio di informazioni sulle attività in corso
2.
presentazione di novità bibliografiche
3.
Albarosa Bassani: Giovanni Antonio Farina, fondatore e vescovo

     Il presidente G. Romanato, dopo il saluto ai presenti fra i quali sono la vicaria generale e alcune sorelle dell’Istituto G.A. Farina di Vicenza, fornisce delle informazioni su alcune iniziative di interesse comune.

  • La difesa del popolo, settimanale diocesano di Padova, dedicherà in uno dei prossimi numeri un servizio alla mozione approvata dall’assemblea della Societas del 26 gennaio scorso con interventi del presidente e di alcuni socii.

  • Viene riferito nei dettagli il programma della visita culturale in Val di Non il 26 maggio, le cui tappe sono: Segno (museo dedicato al gesuita del XVII sec. p. Eusebio Francesco Chini o Kino); santuario di San Romedio; San Zeno con visita alla basilica dedicata ai Martiri Anauniensi.

  • Il 17 maggio scorso è stato presentato nella prestigiosa sede dell’Accademia dei Concordi di Rovigo il volume Diocesi di Adria-Rovigo (Storia religiosa del Veneto, IX), Padova 2002, curato da G. Romanato e contenente lavori anche di alcuni socii. Sia il prof. A. Rigon nella sua relazione, sia gli altri intervenuti hanno messo in evidenza come questo volume offra un contributo importante alla ricostruzione storica non solo della chiesa ma di tutto il territorio polesano.

     Presentano volumi: Nardello, Scottà, Poppi, Trolese.

     Romanato presenta sr. Albarosa Bassani riferendone il curriculum studii e la corposa bibliografia, su cui spiccano gli ultimi tre volumi contenenti la Positio per la beatificazione di mons. G.A. Farina, fondatore della sua congregazione.

     Bassani spiega di aver scelto di presentare in questa sede il volto di Farina come “uomo della carità”, ritenendo che gli altri aspetti della sua biografia siano più noti. Per questo si rifà al volume di cui è autrice: Profezia caritativa e pastoralità in Giovanni Antonio Farina, 1803-1888 (Fonti e studi di storia veneta, XXVI) Vicenza 2000.

     Nato a Gambellara nel 1803, Giovanni Antonio Farina viene ordinato sacerdote nel 1827 e, nei primi 23 anni di ministero, ricopre numerosi uffici diocesani e civili; di questa fase giovanile della sua attività il filo conduttore sembra essere quello della promozione di una riforma spirituale nella preparazione di futuri sacerdoti e di educatore rivolto alle fasce socialmente deboli. Nel 1836 dà vita alle Suore Maestre di S. Dorotea Figlie dei sacri Cuori: un istituto religioso che doveva assicurare “maestre di provata vocazione, consacrate al Signore e dedite interamente all’educazione delle fanciulle povere”.

     Il Farina vuole dare alle sue suore un’alta professionalità, per cui avvia all’interno dell’istituto (da lui definito “seminario di maestre”) una scuola di metodica approvata dall’autorità scolastica austriaca fin dal 1845, nella quale novizie ed educande ottengono la patente all’insegnamento elementare. I numerosi incarichi che il sacerdote Farina sostiene in ambito educativo, pastorale e civile e il suo impegno nell’istituto lo mettono in evidenza tanto che nel 1850 viene nominato vescovo di Treviso, dove rimane per dieci anni. Nel 1860 ottiene il trasferimento alla sua diocesi di Vicenza che regge per ventotto anni, cioè fino alla sua morte.

     La sua attività di “vescovo della carità” si esplica in varie situazioni di bisogno: verso i sacerdoti anziani e sprovvisti di mezzi; verso i poveri; verso gli ammalati; nell’impegno di educazione della gioventù. La sua opera di carità è possibile grazie anche al suo consistente contributo finanziario; mette a disposizione, infatti, tutto quanto possiede: l’intero suo patrimonio familiare, lo stipendio mensile di insegnante corrisposto dal seminario e quello del governo per i suoi incarichi scolastici e civili e, più tardi, anche tutta la rendita vescovile.

     Il giudizio storico su di lui può oggi essere quello espresso da A. Gambasin, il quale afferma che Farina, come Rosmini, Comboni, Mazza ed altri sacerdoti, a contatto con i gravi problemi sociali del suo tempo, non si ferma in disquisizioni teoriche ma, scoprendo la vasta dimensione di bisogno dei poveri, sceglie un nuovo tipo di presenza nella società, in nome della solidarietà cristiana.

     Bassani, prima di concludere, aggiunge un’appendice sulla legislazione per le cause di canonizzazione. Ripercorre dapprima l’antica procedura e spiega poi come il lungo e complesso lavoro di revisione organica di queste norme, iniziato da Paolo VI, sia stato concluso da Giovanni Paolo II con la promulgazione della nuova legge nel 1983. Il criterio fondamentale cui questa si ispira è la distinzione delle tre fasi in cui deve essere condotta la ricerca della verità circa l’oggetto di una causa di canonizzazione:

  1. l’inchiesta diocesana, che ha lo scopo di raccogliere tutte le prove riguardanti la vita, l’attività, la morte, la fama di santità o di martirio e il fondamento di questa fama, ossia le virtù eroiche o il martirio del servo di Dio, l’antico culto (se è il caso), nonché le prove di eventuali miracoli;

  2. lo studio presso la Congregazione del materiale documentario e la preparazione di una esauriente Positio super vita et virtutibus o super martirio e poi della Positio super miraculis, sotto la guida di studiosi qualificati (Relatori);

  3. la discussione in sede teologica, prima da parte dei Consultori, sotto la direzione del Promotore della Fede (Prelato teologo) e poi da cardinali e vescovi, membri del dicastero.

Padova, 5 giugno 2002

Rosetta Frison SegfredoSegretaria
Gianpaolo Romanato
Presidente

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RIUNIONE - 15 giugno 2002

     L’incontro consiste nella partecipazione al convegno di presentazione del volume: L’unità letteraria e teologica dell’opera di Luca (a cura di G. LeonardiF. Trolese), primo volume degli atti su San Luca evangelista, testimone della fede che unisce – Congresso internazionale – Padova 16-21 ottobre 2000 (Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana, XXIII).

     Dopo i saluti del vescovo di Padova mons. A. Mattiazzo e dell’abate di Santa Giustina I. Negrato, le relazioni di presentazione sono tenute da Rinaldo Fabris, direttore di Rivista Biblica e da Maria-Luisa Rigato, dell’Università Gregoriana di Roma.

     Il volume contiene i frutti culturali della “sezione biblica” del congresso internazionale del 2000, cui hanno lavorato 36 specialisti di Luca a livello interconfessionale. Il risultato è stato quello di offrire approfondimenti significativi nei confronti di una serie di interrogativi iniziali che di seguito elenchiamo:

  • Luca scrisse due opere o un’unica opera ben architettata in due volumi?

  • Luca presenta una Chiesa immobile, perfetta, astratta oppure, col modulo della “narrazione”, una Chiesa dinamica in cammino da Mosè a Cristo e da Gerusalemme a Roma e sempre in marcia verso i tempi nuovi?

  • Luca era un ignoto medico di Antiochia della terza generazione cristiana oppure un medico, rabbino ebreo, presente con Saulo alla pentecoste cristiana a Gerusalemme? Potrebbe essere il non denominato discepolo di Emmaus?

  • Chi era Teofilo, cui è dedicata l’opera? Un ignoto governatore greco-romano a cavallo del secolo o lo stesso sommo sacerdote ebreo dal 37 al 41, suo amico e conoscente?

  • L’edizione occidentale D più lunga (con varianti e aggiunte per un ottavo) è tardiva o dello stesso Luca? E in tal caso è possibile che sia anteriore a quella Orientale dato lo stile più ebraicizzante?

     Secondo l’opinione di tutti gli intervenuti il volume appena uscito dalle stampe segnerà verosimilmente una pietra miliare nell’interpretazione e attualizzazione dell’opera di Luca evangelista che ha certamente voluto offrire anche un modello ideale, apostolico e canonico delle chiese o comunità cristiane per tutti i secoli.

Padova, 5 ottobre 2002

Rosetta Frison SegafredoSegretaria
Gianpaolo Romanato
Presidente

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RIUNIONE - 19 ottobre 2002

L’o.d.g. è il seguente:
1. saluto del presidente e comunicazioni varie
2.
novità bibliografiche
3.
Il processo di canonizzazione del card. Gregorio Barbarigo: problemi della causa e problemi della ricerca, relazione del dott. Pierluigi Giovannucci in margine alla pubblicazione del suo volume: Il processo di canonizzazione del card. Gregorio Barbarigo, (Italia Sacra, LXVI), Roma 2001.

     Il presidente G. Romanato riapre le attività dopo la pausa estiva salutando calorosamente i numerosi presenti e passa subito a comunicare il calendario programmato per questo nuovo anno sociale. Ricorda, inoltre, il decennale della morte di G. Mantese, grande studioso vicentino ben noto a tutti.

     Mentre i presenti prendono in visione numerose novità librarie, alcuni volumi sono segnalati da: Dal Pino, Trolese, Lauretta, Romanato, Scottà (anche per conto di Sambin).

     Romanato passa a presentare il dott. Pierluigi Giovannucci: laureato a Padova nel 1993 con la prof.ssa Gonzato, nel ‘95 è vincitore di una borsa di studio di Dottorato di ricerca in storia religiosa presso l’università di Torino che porta alla stesura di una tesi intitolata Il processo di canonizzazione del card. Gregorio Barbarigo. Le indagini condotte in quel periodo hanno portato anche alla pubblicazione di altri studi su numerose questioni relative alla canonizzazione dell’illustre vescovo di Padova, divenuto il principale oggetto della sua produzione scientifica. La tesi di dottorato, largamente rielaborata ed ampliata, è stata recentemente pubblicata nel volume dallo stesso titolo pubblicato dall’editrice Herder nella collana “Italia sacra”. Attualmente Giovannucci è titolare di un assegno di ricerca presso la Facoltà di Lettere dell’Università degli studi di Milano.

     Prendendo la parola egli entra subito nel vivo del problema cercando di rispondere alla domanda-chiave: perché è importante studiare un processo di canonizzazione come quello del card. Barbarigo? Spiega come, per la sua ampiezza ed articolazione, tale processo avrebbe meritato prima d’ora maggiore attenzione sul piano strettamente storiografico. L’iter della causa, infatti, fu avviato a Padova già nel dicembre 1699, a poco più di due anni di distanza dalla morte del Barbarigo e la tempestività dell’adempimento sottintende una fama di santità sufficientemente solida e diffusa già alla morte del cardinale. Partita da Padova, l’indagine ben presto si allargò anche ad altre sedi, come testimonia l’enorme documentazione processuale rimastaci, consistente in circa trentamila pagine manoscritte. Dopo l’introduzione della causa presso la Sacra Congregazione dei Riti nel 1723, una seconda tornata processuale interessò ancora Padova, Bergamo e Venezia entro il terzo decennio del ‘700. Terminata la raccolta delle testimonianze sulla vita, le virtù ed i miracoli del servo di Dio, su questa amplissima base informativa si svolse in Congregazione dei riti cioè la vera e propria fase dibattimentale del processo che si concluse nel 1761, a sessantaquattro anni dalla morte e dopo sessantadue di processo, con la beatificazione del Barbarigo decretata da papa Clemente XIII Rezzonico. Dopo la beatificazione, la causa visse un lungo periodo di silenzio fino ad un nuovo impulso, partito ancora da Padova a fine ‘800, a cui fece seguito la ri-assunzione della causa nel 1912. Dopo una nuova stasi quasi quarantennale si arrivò al traguardo della canonizzazione nel 1960, per speciale interessamento di Giovanni XXIII.

     Riguardo alla beatificazione settecentesca, i nodi problematici essenziali della causa sono tre. In primo luogo quello relativo alla percezione del personaggio-Barbarigo da parte dei suoi contemporanei. In secondo luogo quello relativo all’apporto “romano”, cioè al contributo dell’autorità ecclesiastica centrale alla costruzione di una fisionomia agiografica del servo di Dio. In terzo luogo la rilevanza che assume nel contesto del processo di canonizzazione il modello del vescovo-santo. In questo senso si può dire che un po’ ovunque nelle deposizioni processuali sia implicito ed operante un “modello episcopale”, ma sul piano dei contenuti esso non è esaustivo perché altre componenti, e in particolare quelle di tradizione eremitico-ascetica, vengono a pesare sulle dichiarazioni dei testimoni. Inoltre, pur senza mai occupare completamente la scena, anche la dimensione taumaturgica, la sua capacità di essere operatore di miracoli, entra in molte deposizioni. In altre parole, dalle carte processuali emerge chiaramente che, accanto alla percezione del “Barbarigo santo in quanto vescovo-modello”, i contemporanei leggevano la figura del cardinale anche in termini parzialmente diversi, e talora divergenti. A prescindere quindi dalla fortuna del culto, la causa si giovò di tutti questi elementi. E le forze che misero in piedi e finanziarono tutto il processo, prima tra tutte la famiglia Barbarigo, fecero capitale di ciascuna di queste dimensioni, trasformando ognuna di esse in altrettante occasioni di promozione del nuovo santo. Per quanto riguarda la definitiva canonizzazione del 1960, poi, vi ebbe un ruolo-chiave Giovanni XXIII. Diventato papa, il suo interesse per il Barbarigo non si configurò più solo come personale predilezione per un personaggio storico, ma divenne verosimilmente veicolo di contenuti generali relativi al modello di vescovo che il nuovo papa in quel momento era interessato a promuovere.

     Dopo un lungo e acceso dibattito, Romanato conclude osservando come i processi siano accurati e severi e costituiscano fonti storiografiche di grande valore che, seppure non esaustive, sono meritevoli della dovuta attenzione da parte degli studiosi.

Padova, 31 ottobre 2002

Rosetta Frison SegafredoSegretaria
Gianpaolo Romanato
– Presidente

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RIUNIONE - 16 novembre 2002

L’o.d.g. è il seguente:
1. saluto e introduzione
2.
presentazione di novità bibliografiche;
3.
Silvio Ceccon, Fratalea cappellanorum di Padova fra medioevo ed età moderna: presentazione di una ricerca ancora in corso.

     Dopo l’informale scambio di saluti tra i presenti, il presidente G. Romanato dà inizio ai lavori presentando alcune iniziative culturali a breve termine a cui si aggiungono altre segnalazioni da parte dei soci. Ricordiamo, in particolare, le Celebrazioni ruzantiane previste per sabato 7 dicembre 2002 dalle 9,30 alle 12 presso il Teatro filarmonico comunale di Piove di Sacco in cui sarà anche presentato il volume di Paolo Sambin: Per le biografie di Angelo Beolco, il Ruzante, e di Alvise Cornaro. Restauri di archivio, rivisti e aggiornati da Francesco Piovan, Padova, Esedra 2002. Oltre all’autore e all’editore interverranno Manlio Cortelazzo e Piermario Vescovo.

     Segnalazioni bibliografiche sono effettuate da Ceccon, Bottecchia, Trolese.

     G. Romanato introduce con una breve presentazione il dott. Silvio Ceccon, laureato a Padova nel 1993 e attualmente cultore della materia presso la Facoltà di lettere della stessa università. Si è occupato di vari argomenti di storia locale, ha attualmente in corso una ricerca sulla ‘Fratalea cappellanorum’ di Padova, oggetto di questa comunicazione. Il Presidente conclude ringraziando l’ospite per avere onorato l’impegno preso con la Societas nonostante le urgenze famigliari di questi giorni e gli rivolge a nome di tutti un augurio caloroso per la recentissima nascita della piccola Marianna.

     Ceccon esordisce spiegando come la fraglia di cui si sta occupando sia stata magistralmente studiata dalle origini a tutto il ‘400 dal prof. Antonio Rigon nel volume: Clero e città. ‘Fratalea cappellanorum’, parroci, cura d’anime in Padova dal XII al XV secolo, (Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana, 22), Padova 1988. Lo scopo della sua ricerca è quello di ricostruirne le vicende in epoca successiva e ha finora raccolto documentazione relativamente al secolo XVI. In particolare ha analizzato il testo degli statuti del 1562 e la figura di Francesco da Pozzoveggiani, estensore del codice ‘ufficiale’. Per capire il significato di questo documento occorre fornire qualche elemento sulla storia precedente della cura d’anime a Padova. Sino all’XI secolo l’unica pieve della città è quella della cattedrale, al cui clero spetta pertanto il compito di amministrare i sacramenti, predicare, istruire il popolo. Tra l’XI e il XII secolo questo ordine tende a trasformarsi a causa del sorgere di ‘cappelle’ che, con un lento processo, vanno ad appropriarsi di compiti tradizionalmente spettanti alla pieve (ciò avviene per l’aumento della popolazione, per la lontananza dalla pieve, per discordie nella Chiesa padovana durante il periodo della lotta per le investiture); di conseguenza i cappellani che reggono le cappelle si trovano di fatto investiti della cura d’anime finchè, sul finire del XII secolo, viene loro concessa l’amministrazione ordinaria del battesimo e le cappelle diventano parrocchie a tutti gli effetti. All’inizio del XIV secolo le chiese della civitas con funzioni parrocchiali e confini definiti sono ventotto. Già da due secoli era in vita, però, un sodalizio tra i cappellani con cura d’anime: esiste infatti un nesso tra la nascita della parrocchie cittadine ed il sorgere di una congregazione, la ‘fratalea cappellanorum’, con finalità di reciproco aiuto, che riunisce alcuni dei sacerdoti e chierici di chiese cittadine con cura d’anime. Dopo gli statuti duecenteschi e il travaglio statutario del 1562, la fratalea vuole riscrivere interamente i propri statuti. La riforma protestante ha portato nuovi fermenti e il concilio di Trento, ancora in corso ma vicino al termine, oltre che della definizione di molti aspetti dottrinali, si sta occupando di riforme a carattere giuridico-pastorale cui la fraglia padovana non può restare insensibile. Il 30 giugno 1562 la confraternita dei cappellani chiede e ottiene di rivedere i suoi statuti per uniformarli allo spirito del concilio ancora in corso. La revisione, iniziata a luglio, si conclude con la lettura ufficiale e l’approvazione dei nuovi statuti a settembre.

     In questi statuti quello che sicuramente viene ripreso dello spirito del Tridentino è una certa insistenza sulla residenza che gli appartenenti alla fraglia devono osservare pur con delle deroghe: residenza che nei precedenti regolamenti non era richiesta in maniera così frequente ed esplicita. In realtà i tempi veloci con cui gli statuti vengono riformati può far pensare ad una certa fretta di approvarli, sia per aderire genericamente allo ‘spirito’ del concilio, sia per sottrarsi alle possibili sgradite direttive che sarebbero potute venire dai suoi dettami finali. Di certo, però, la decisione di riscrivere le norme non è indolore: due presbiteri non vogliono votare (non si conosce l’esatto motivo) per l’elezione dei tre membri che, con il primicerio e il massaro, devono approntare il nuovo testo; inoltre al momento del giuramento ai nuovi statuti, un chierico ‘iuravit cum protestatione’, e si intravede anche una preoccupazione affinché gli statuti siano sempre seguiti senza indebite modifiche.

     Segue una lunga e interessante discussione a più voci che mette in luce come l’argomento meriti ulteriori approfondimenti. Intervengono in particolare D. Gallo, F. Dal Pino, F. Trolese, G. Romanato, S. Bortolami, M. Poppi, G. Carraro, A. Calapaj e M. Rossi.

Padova, 4 dicembre 2002

Rosetta Frison SegafredoSegretaria
Gianpaolo Romanato
Presidente

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RIUNIONE - 14 dicembre 2002

L’o.d.g. è il seguente:
1. saluto e comunicazioni introduttive
2.
presentazione di novità bibliografiche
3.
A. Lovato e A. Vildera presentano: Il ‘Liber ordinarius’ della Chiesa padovana. Padova, Biblioteca capitolare, ms. E 57, sec.XIII, a cura di Giulio Cattin e Anna Vildera con contributi di Antonio Lovato e Andrea Tilatti (Fonti e ricerche per la storia ecclesiastica padovana, 27), Padova 2002.

     Il presidente G. Romanato saluta calorosamente tutti e fornisce alcune precisazioni su prossime attività in calendario; altre segnalazioni vengono fornite dai presenti.

     Viene anche ricordata la recente scomparsa del prof. Robert Brentano, da anni socio onorario della Societas. Professore a Berkeley e studioso di storia della chiesa medievale in Italia e in Inghilterra; era molto legato a Padova dove era arrivato anni fa come direttore della sede del ‘Centro Studi Università di California’. Durante il soggiorno padovano era entrato, per i comuni interessi di ricerca, in amicizia con molti soci e si era così legato alla Societas, alle cui riunioni teneva a partecipare quando era in Italia. Si deve a lui la valorizzazione a livello internazionale della scuola di Paolo Sambin, che a suo tempo aveva definito ‘the Sambin revolution’ in un articolo pubblicato nella rivista Italian Ecclesiastic History. Cattolico americano, impegnato nel suo paese anche in attività di solidarietà sociale, era amatissimo dagli studenti per le caratteristiche del suo tratto umano. Lo stile della sua attività di storico era quello di ricostruire non tanto le vicende delle strutture e delle istituzioni quanto le vicende delle persone per fare la ‘storia delle anime’.

     Presentano volumi: Gallo, Dal Pino, De Fraja, Romanato.

     Il presidente Romanato presenta Antonio Lovato (professore di Storia della Musica medievale e rinascimentale presso l’Università di Padova, ha studiato numerosi testimoni della musica sacra a Padova e nell’area veneta e ha promosso progetti di ricerca di rilevanza nazionale per il recupero e la catalogazione di fonti e trattati di musica liturgica del Medioevo e del Rinascimento) e Anna Vildera (assegnista presso l’Università di Padova dove sta completando il dottorato di ricerca, ha collaborato al progetto integrato ‘Archangelus’ per i manoscritti liturgico-musicali dell’area veneta e ha curato la catalogazione degli scritti del fondo musicale Berti-Suman; il suo lavoro di ricerca si è poi rivolto soprattutto alle fonti liturgico-musicali della chiesa padovana). Romanato invita poi p. F. Trolese a introdurre sul significato della pubblicazione appena uscita dalle stampe e che è oggetto degli interventi odierni.

     Trolese spiega come il lavoro appena concluso chiuda una fatica ultradecennale iniziata con la trascrizione del ms. E57 da parte di E. Barile. Col passare del tempo l’‘Istituto per la storia ecclesiastica padovana’ è andato elaborando, intorno alla pubblicazione di questo manoscritto, un progetto editoriale in due volumi; quello appena uscito è il primo che, suddiviso in due tomi, contiene l’edizione critica del ms. E57, con alcuni contributi introduttivi relativi alla organizzazione della chiesa padovana nei secoli X-XIII (A. Tilatti), alla descrizione del codice (A. Vildera), alle ipotesi di datazione e agli itinerari processionali del tardo medioevo (A. Lovato) nel primo tomo; la riproduzione in facsimile dello stesso ms. E57 della Biblioteca capitolare nel secondo.

     A. Vildera spiega di aver affrontato lo studio del ms. E57 nella sua entità codicologica e grafica per penetrarne i problemi di contenuto e di datazione. Si sofferma inizialmente sull’unica miniatura presente nel codice, collocata nella prima pagina e raffigurante la Vergine, quasi a sottolineare la relazione con la cattedrale di Padova della quale era titolare. Spiega, poi, di essere arrivata all’individuazione del termine post quem nell’anno 1234 (canonizzazione di san Domenico, la cui festa è inserita) e del termine ante quem nel 1304 (celebrazione dell’ufficio drammatico dell’Annunciazione). Avvalendosi poi di alcuni elementi indiziari importanti come alcune antifone in onore di san Tommaso Beckett e la presenza dell’Ufficio per san Daniele, arriva a collocarlo negli anni intorno al 1276 cioè al momento in cui diventa arciprete della cattedrale Tommaso Guarnerini. Aggiunge inoltre che, procedendo a una comparazione delle fonti, ci si è resi conto come abbia avuto una posizione di particolare rilevanza il Breviario detto ‘di Santa Giustina’, ora a Zagabria (Biblioteca metropolitana MR72, = Zag72). È ormai accertato come questo non sia un semplice manoscritto monastico ma il documento che, più di qualunque altro, riflette il dettato del ms. E57: Zag72 non solo appare conforme, ma addirittura integra E57, contenendo testi e melodie solo parzialmente citati nell’ordinario.

     A. Lovato riferisce di essersi occupato della raccolta e della comparazione dei dati provenienti da altre fonti per arrivare a una ricostruzione credibile sia dello svolgimento delle cerimonie all’interno del duomo, sia delle processioni che attraversavano il tessuto urbano della città. Ora risulta più facilmente comprensibile lo svolgimento dei riti che, secondo una tendenza tipica della chiesa padovana, accentuavano la drammatizzazione attraverso lo spostamento di gruppi o di singoli ministri della liturgia e si è potuto far luce sulla collocazione di alcuni altari, sulla distribuzione degli spazi absidali e presbiterali, sul tragitto delle processioni dalla cattedrale al battistero. Il manoscritto contiene anche una ricca indicazione dei percorsi cittadini delle Rogazioni, fornendo in tal modo una rassegna dei luoghi di culto della città e, soprattutto, permettendo di cogliere sia la struttura urbanistica sia la configurazione sociale, politica ed economica della Padova del tempo. L’immagine che si desume è quella di una chiesa con una forte consapevolezza di sé, in cui la vita liturgica è strettamente collegata con la vita sociale della città.

     Segue un ampio e interessante dibattito con interventi di Cremonini, Gallo, Calore, Romanato, Calapaj, Dal Pino, Trolese, Marcon, De Fraja, Bortolami che lascia aperto un vivo interesse ad approfondire meglio le acquisizioni di questa nuova faticosa ricerca.

Padova, 8 gennaio 2003

Rosetta Frison SegafredoSegretaria
Gianpaolo Romanato
Presidente

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La Societas Veneta per la storia religiosa si propone di diffondere passione e interesse per gli studi inerenti la storia ecclesiastica, alla quale si richiamava la denominazione iniziale dell’Associazione. Inoltre vuole sensibilizzare ad uno studio della storia intesa come rigore critico, ricerca delle fonti e dei documenti, scrupolo interpretativo fondato su un corretto metodo filologico e non sul dilettantismo.

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