Anno 2011

ASSEMBLEA ANNUALE ORDINARIA e RIUNIONE - 29 gennaio 2011

All’o.d.g.:
1. assemblea annuale ordinaria
– relazione morale del Presidente uscente
– relazione del tesoriere, votazione del rendiconto economico 2010 e del bilancio preventivo 2011
– rinnovo cariche sociali
– ammissione nuovi soci
2. aggiornamento bibliografico

     L’Assemblea annuale, in seconda convocazione, ha inizio alle ore 15,45 sotto la presidenza del socio Gianfranco Granello. Sono presenti 33 soci; sono inoltre, giunte quattro deleghe da alcuni degli assenti giustificati. La relazione morale del presidente uscente Donato Gallo riassume l’attività dell’anno 2010, ma si estende un po’ a tutto il biennio trascorso; ricorda il grave lutto che ha privato la Societas del caro socio ed ex presidente Sante Bortolami; auspica inoltre un significativo rinnovamento del direttivo, anche attraverso l’inserimento di soci – giovani o meno giovani – disponibili a mettere al servizio dell’associazione un po’ delle loro competenze e del loro tempo.

     Di seguito il tesoriere Giannino Carraro illustra la situazione finanziaria e patrimoniale sottolineando il saldo positivo, frutto non solo di oculata gestione finanziaria, ma anche della situazione finanziariamente positiva dell’Autunno paleografico, e che si sostanzia inoltre dell’apporto fattivo di molti soci e della costante e generosa ospitalità dell’Abate e dei monaci di Santa Giustina. Il rendiconto economico al 31 dicembre 2010 e il bilancio preventivo 2011 sono approvati all’unanimità.

     L’assemblea prosegue con le operazioni di votazione per il rinnovo delle cariche sociali, per un totale di 9 persone da eleggere.

     A seguito del risultato della votazione il nuovo Consiglio direttivo, secondo le preferenze valide espresse, risulta così composto (fra parentesi i voti ottenuti): Lorenzo Carlesso [29]; Emanuele Fontana [27]; Donato Gallo [26]; Cristina Marcon [20]; Michele Cassese [17]; Stefania Malavasi [15]; Gianpaolo Romanato [15]; Piera Ferraro [13]; Giannino Carraro [11].

     Su proposta del Presidente uscente a nome del Direttivo, all’unanimità e per acclamazione, sono eletti tre nuovi soci onorari: don Francesco Trolese Abate di Santa Giustina, Elda Forin Martellozzo e Antonio Rigon.

     L’incontro prosegue con le novità bibliografiche. Donato Gallo illustra la pubblicazione (presentata appena qualche giorno prima) del volume per festeggiare il settantesimo compleanno del professor A. Rigon: Arbor Ramosa, a cura di L. BertazzoD. GalloR. MichettiA. Tilatti. Si tratta di una miscellanea di contributi di amici, colleghi e allievi, tra cui anche alcuni soci (E. Fontana, M. Rossi, G. Carraro, F. Benucci, F. Trolese, F. De Vitt).

     Diamo di seguito una breve cenno delle segnalazioni principali offerte da G. Carraro, R. Frison, M.P. Billanovich. In particolare si segnalano quelle edite da soci:

  • Mariano Nardello, nel suo recentissimo volume Il primo cinquantennio dell’Azione cattolica vicentina. Dalla protesta alla proposta (Edizioni Messaggero Padova) edito nel dicembre 2010, traccia le vicende dei cattolici vicentini nel secolo XIX fino all’arrivo del vescovo mons. Ferdinando Rodolfi nel 1911.
  • Elda Forin Martellozzo ha curato il bel volume sui da Fontaniva: Da signori feudali a patrizi, i Fontaniva tra Medioevo e Rinascimento (2010).
  • Licinio Lea, Follina, un fiume, un paese, Cornuda 2009. Singolarissimo giornale.
  • I 150 anni dell’‘Osservatore Romano’ curato da Giovanni Maria Vian e Antonio Zanardi Landi, con contributi, tra gli altri, di Gianpaolo Romanato.
  • Sempre di Gianpaolo Romanato sono da segnalare i due volumi L’Italia della vergogna nelle cronache di Adolfo Rossi (1857-1921), Ravenna 2010 e Giacomo Matteotti. Un italiano diverso (Longanesi, 2011).Ancora:
  • La Chiesa di Sant’Andrea in Padova archeologia, storia, arte a cura di Girolamo Zampieri, Padova [2010], (Le chiese monumentali padovane, 2) e il recentissimo volume «Custode di mio fratello». Associazionismo e volontariato in Veneto dal Medioevo a oggi, a cura di Francesco Bianchi, Marsilio 2010.
  • Viene infine segnalata una risorsa liberamente consultabile in rete. Sono stati infatti pubblicati sul web gli atti dei convegni realizzati dal “Centro Studi Nazionale sugli Archivi Ecclesiastici di Fiorano e Ravenna”. L’intera collana è oggi costituita da 14 volumi, usciti con periodicità annuale a partire dal 1996, primo anno di attività del Centro. I titoli, almeno alcuni di essi, hanno validità e respiro generale riguardo agli archivi delle varie istituzioni ecclesiastiche. I volumi digitali sono consultabili e scaricabili al seguente indirizzo della Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna:
    http://www.sa-ero.archivi.beniculturali.it/index.php?id=702

*******

A seguito della prima riunione del nuovo Consiglio direttivo della Societas tenutasi il 22 febbraio u.s, è stato nominato il nuovo presidente e sono state assegnate per il biennio 2011-2012 le seguenti cariche sociali:

  • Presidente: Donato Gallo
  • Vice-presidente: Lorenzo Carlesso
  • Segretario: Emanuele Fontana
  • Tesoriere: Giannino Carraro
  • Segretaria del Consiglio direttivo: Cristina Marcon
  • Consiglieri eletti: Michele Cassese, Stefania Malavasi, Gianpaolo Romanato, Piera Ferraro Arvalli
  • Consiglieri cooptati: Rosetta Frison Segafredo, don Giulio Pagnoni e Leopoldo Saggin.

     Il Consiglio direttivo si riserva inoltre di convocare, laddove ne ravvisi l’opportunità, i soci Francesco Piovan (nuovo responsabile dell’Autunno Paleografico in sostituzione dello scomparso S. Bortolami), Marta Faggiotto (collaboratrice alla medesima attività, con i consiglieri P. Ferraro Arvalli e L. Saggin), Luisa Servadei (responsabile per il Veneto della Bibliografia della “Rivista di storia della Chiesa in Italia”).

Padova, 25 marzo 2011

Emanuele FontanaSegretario
Donato Gallo
Presidente

RIUNIONE - 9 aprile 2011

     Il presidente Donato Gallo apre la riunione ricordando che con la data odierna si chiude la raccolta di fondi in memoria di Sante Bortolami. La somma complessiva raggiunta, pari a circa € 1.530 sarà devoluta sulla base delle indicazioni dei familiari.

     Il presidente ricorda alcuni appuntamenti, tra cui la presentazione del libro su Giacomo Matteotti del socio ed ex-presidente Gianpaolo Romanato. Trasmette inoltre ai presenti i saluti e gli apprezzamenti per l’attività della Societas da parte del prof. C. Fantappié che ha tenuto il corso annuale, conclusosi di recente. Il presidente Gallo e i soci Carraro, Cassese, Bottecchia Dehò e Trolese presentano varie novità bibliografiche.

     Alle ore 16.30 il presidente dà la parola alla prof.ssa Elisabetta Girardi, insegnante di latino e greco presso il ginnasio-liceo C. Marchesi in Padova, presentandone l’apprezzata attività di ricerca negli archivi, maturata grazie agli stimoli avuti dai proff. P. Sambin e S. Bortolami, attraverso la frequenza ad alcuni corsi dell’Autunno paleografico, ove ha anche svolto attività di docenza. Alla luce delle sue accurate ricerche archivistiche che sono state alla base di un serio studio apparso nel vol. 170 di «Archivio Veneto» (2008), la prof.ssa Girardi tiene una conversazione sul tema: La peste del 1630 sull’Altopiano dei Sette Comuni. Dopo aver fornito alcune spiegazioni sulla peste come malattia (eziologia, patogenesi, diffusione, forme di manifestazione) e una bibliografia generale sulla peste, si sofferma sulle notizie relative alla peste ‘manzoniana’ quali appaiono nella storiografia relativa all’Altopiano dei Sette Comuni. Presenta quindi i dati che ha potuto ricavare grazie ad un paziente esame degli atti notarili relativi agli anni 1630 e 1631. La peste, iniziata nel 1630 con i primi focolai a Roana, in seguito si diffonde progressivamente nell’Altopiano con la conseguente chiusura dei cimiteri parrocchiali, secondo la prassi fortemente normata dalla Repubblica di Venezia attraverso gli Uffici di Sanità. Tuttavia, la diffusione della peste, malattia che ha sempre causato mortalità differenziate, non sembra essere stata uniforme in tutto l’Altopiano, anche se per alcuni paesi mancano i riscontri documentari o non sono più verificabili quelli forniti dagli storici del sec. XIX a causa della pressoché totale distruzione degli archivi locali in quel grande e tragico spartiacque costituito della Prima Guerra mondiale (mentre fortunatamente gli atti notarili erano conservati a Vicenza). La relatrice ricorda l’attività importantissima svolta dai notai che correvano molti rischi nell’espletamento delle loro mansioni e sottolinea come, nonostante la difficile situazione, siano attestate forme diffuse di attività caritativa, ad esempio nel fornire vestiti e viveri per i poveri che erano isolati in piccoli lazzaretti. Il contagio fu dichiarato concluso il 24 novembre 1631, quando fu rilasciato un “certificato di fine epidemia”.

     La relazione ha suscitato vasto interesse, come dimostrato dalle domande poste da alcuni soci.

Padova, 30 aprile 2011

Emanuele FontanaSegretario
Donato Gallo
Presidente

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RIUNIONE - 14 maggio 2011

     Il presidente Donato Gallo apre la riunione ricordando alcuni appuntamenti. Il socio Leopoldo Saggin riferisce sulla serata in memoria di Paolo Sambin tenutasi il giorno precedente, venerdì 13 maggio, presso la Sala Consiliare del Municipio di Terrassa Padovana (intitolata allo stesso P. Sambin), per celebrare i 30 anni dalla pubblicazione del libro su Terrassa Padovana curato da I. Cavallaro con introduzione di P. Sambin.

     Si procede poi con la presentazione di novità bibliografiche da parte del presidente e del socio onorario don Francesco Trolese OSB. Si segnalano in particolare il volume: Le amministrazioni comunali in Italia. Problematiche nazionali e caso veneto in età contemporanea, a cura del socio Filiberto Agostini (Franco Angeli, 2011); i vari contributi sul vescovo di Padova Ildebrandino Conti editi da Mariachiara Billanovich e da Donato Gallo – con la pubblicazione postuma di materiali di Giuseppe Billanovich e Paolo Sambin – nel volume L (2009) della rivista «Italia medioevale e umanistica» (appena uscito); il volume «Alli 10 agosto 1806 Soppressione del monastero di S. Giorgio», Atti del convegno di studi nel bicentenario (Venezia, S. Giorgio Maggiore, 10-11 novembre 2006), a cura di Giovanni Vian, Cesena 2011 (Italia Benedettina, 34) con contributi dei soci F. Agostini e F. Trolese OSB. Diamo inoltre notizia che due volumi curati dalla socia Elisabetta Bottecchia Dehò (Lettere scelte di Gerolamo) sono stati offerti al Papa, durante la visita pastorale nel Nord Est compiuta il 7 maggio scorso, dalla Fondazione “Società per la conservazione della Basilica di Aquileia” presieduta dal prof. don Giorgio Fedalto.

     Alle ore 16.30 il presidente dà la parola a Emilio Fabbiani, che tiene una conversazione sul tema: La pazienza e il giudizio: un trattato padovano della fine del ‘400 dedicato alla beata Eustochio, nella quale presenta i risultati raggiunti nel suo lavoro di tesi, condotto sotto la supervisione del prof. Antonio Rigon, con il quale ha brillantemente concluso il corso di laurea specialistica in storia medievale nello scorso anno accademico e in cui ha voluto riprendere i suoi interessi stroico-religiosi (segnaliamo che il dott. Fabbiani è laureato in giurispridenza ed opera come legale di Banca Etica).

      Merito del relatore è quello di aver ripreso in mano il dossier relativo alla beata Eustochio, figura assai problematica nel panorama religioso del Quattrocento padovano, nota come la “beata indemoniata” per le manifestazioni di possessione che ne caratterizzarono la breve vita. All’epoca, nel monastero di San Prosdocimo, riformato per intervento del vescovo Iacopo Zeno, viveva Lucrezia, figlia illegittima di una monaca e di Bartolomeo Bellini, un artigiano già sposato. Entrata non senza contrasti nell’ordine e professa (senza solennità, data la sua condizione di illegittima) con il nome di Eustochio, non godette di grande considerazione da parte delle altre monache e non ricevette una adeguata formazione culturale. Ebbe una vita breve, segnata da sofferenze ininterrotte e dalla lotta contro il maligno, elemento che non ostacolò un culto locale piuttosto radicato, riconosciuto ufficialmente alla fine del Settecento.

      Il dott. Fabbiani ha approfondito lo studio di un’opera poco conosciuta, il “Trattato sulla virtù della pazienza e del giudizio”, composto nel 1465 dal prete Girolamo Saligario. Dell’autore si sa solo che fu un sacerdote, assai probabilmente secolare e non regolare, anche se conosceva bene gli ambienti del monachesimo riformato da Santa Giustina. Saligario fu il vero artefice della santità di Eustochio (sin nella scelta del nome di professione), fin da quando egli entrò nel monastero di San Prosdocimo a Padova nel 1461 come direttore spirituale e confessore. Nel trattato, scritto volutamente in volgare, spesso di intonazione particolarmente latineggiante, giunto mutilo, troviamo ben 834 citazioni complessive, tratte dai Padri della Chiesa e dai maestri della teologia scolastica, oltre ad alcuni exempla, che permettono di dare dell’autore-compilatore un profilo culturale di notevole apertura, decisamente raro per l’epoca ed anche abbastanza personale in talune scelte (per esempio relativamente alla stregoneria). Nel trattato si sostiene la necessità di combattere il peccato fin dall’inizio e, in questo, un ruolo fondamentale è svolto dalla confessione.

     Le vicende del Saligario si intrecciarono a quelle di Eustochio, di cui diventò confessore, esercitando un difficile compito di discernimento. Egli prese sempre le difese della monaca, che morì giovane nel 1469 e ne scrisse anche una Vita, in cui dichiarò la condizione di meritatamente beata di colei che tanto aveva sofferto in vita, paragonandola persino a santa Caterina da Siena, canonizzata solo pochi anni prima.

     La relazione ha destato molto interesse, come dimostrato dall’ampia discussione che ne è seguita. Ringraziamo il dott. Fabbiani per aver offerto alla Societas un’occasione di alto livello su un tema nuovo e complesso.

Padova, 30 maggio 2011

Emanuele FontanaSegretario
Donato Gallo
Presidente

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GITA - 11 giugno 2011

     Meta della consueta gita annuale, che sostituisce l’incontro di giugno, è stata la bellissima cittadina murata di Montagnana. Il gruppo degli iscritti alla gita era composto da 35 persone, tra i quali molti parenti di soci, amici e simpatizzanti della Societas. La visita non è stata solo un’opportunità per la conoscenza diretta dei monumenti, ma anche l’occasione graditissima di incontrare Giuseppe Danieli, amico personale da molti anni di alcuni soci, legato alla Societas anche attraverso i suoi vincoli familiari con il caro Paolo Sambin.

     Pur con qualche difformità dal programma (a causa della non accessibilità del duomo nell’orario inizialmente previsto), ma egualmente con pieno successo, l’itinerario si è dipanato da Piazza Vittorio Emanuele II con il giro interno delle mura carraresi di Nord-ovest (di cui sono stati spiegati i caratteri costruttivi), sino alla imponente Rocca detta degli Alberi e a porta Legnago; poi, passando sotto i portici del centro storico, con qualche sosta per osservare alcuni palazzi quattrocenteschi e cinquecenteschi di notevole fascino, si è fatto ritorno in Piazza Vittorio Emanuele II. Siamo entrati nella imponente chiesa arcipretale di Santa Maria Assunta, già pieve e collegiata nel sec. XV. Grazie alla disponibilità del parroco mons. Renzo Zecchin (il quale poi si è presentato ai partecipanti, scoprendo di conoscere da molto tempo il nostro ex-presidente Romanato), che aveva incaricato una guida di fiducia e che poi si è aggregato alla visita fornendo ulteriori spiegazioni, vi è stata l’occasione per vedere in lungo e in largo l’edificio quattro-cinquecentesco (davvero degno di una città di assai maggiori dimensioni e per nulla inferiore a certe cattedrali). Abbiamo così potuto ammirare le pale del Buonconsiglio, gli affreschi quattrocenteschi di soggetto astrologico e la bellissima Madonna tardogotica, gli stalli lignei commissionati dalla Magnifica Comunità di Montagnana, la pala del Veronese sull’altare maggiore del Palladio, i resti di affreschi e gli altari rinascimentali, i complessi statuari barocchi (Giovanni Bonazza e bottega), nonché i locali della sacrestia, dove si conservano pregevolissimi esempi di scultura lignea settecentesca veneta.

     La visita è proseguita poi nel cortile del castello di Porta Padova (derivato dal primo nucleo castellano di Montagnana, di epoca ezzeliniana e trasformato in caserma nel sec. XIX), dove, tra l’altro, hanno ora sede il Museo civico e l’attivo Centro studi sui castelli. Usciti da porta Padova con la possente torre duecentesca, una nuova inattesa variante al programma: il gruppo infatti era atteso nel palazzo Pisani, celeberrimo edificio disegnato da Andrea Palladio, dove il proprietario, sig. Giusto Placco, discendente della famiglia che acquistò il palazzo nella prima metà del sec. XIX, ci ha accolti conducendoci nei monumentali ambienti del piano terra e del piano nobile, accompagnando la visita con dotte spiegazioni storiche ed architettoniche. Un’occasione rarissima per visitare un edificio storico, più palazzo che villa, in cui ancora si vive.

     Indi un breve cammino con vista sul vallo e sulle mura trecentesche del quadrante Nord-Est, intervallate dalle torri poligonali, ci ha portato nella casa che fu abitata da Antonio Giacomelli, bravo e non dimenticato studioso della storia montagnanese e nonno materno del nostro ospite, G. Danieli. Qui ci attendeva l’ultima sorpresa della gita: il momento conviviale previsto non è stato affatto una “refezione serale di fine primavera”, ma una vera cena (fin verso la mezzanotte), che è divenuta occasione inattesa per scoprire la dimensione intima di una solida casa d’un tempo, con la sua grande cucina, i locali annessi, l’ampia sala da pranzo, i salotti, il giardino antistante, oltre che per assaggiare alcune esclusive ricette, tramandate in famiglia e lungamente perfezionate nelle affollate riunioni del folto parentado.

     La Societas esprime profonda riconoscenza a Giuseppe Danieli ed ai membri della famiglia Giacomelli e affini (la mamma, le zie e lo zio, il papà), perché, con stile d’altri tempi e “degno de’ lor maggiori”, grazie ad un impegno in cui non hanno risparmiato tempo, fatiche, abilità (né lesinato sulle spese!), hanno saputo accoglierci con simpatia coinvolgendoci in un’esperienza viva di cordiale amicizia e di autentica convivialità.

Padova, 28 settembre 2011

Emanuele FontanaSegretario
Donato Gallo
Presidente

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RIUNIONE - 15 ottobre 2011

     Il presidente D. Gallo apre la riunione ricorda la recente scomparsa del socio onorario don Bruno Bertoli, sacerdote del Patriarcato di Venezia e studioso ben noto di storia dei secoli XVIII e XIX, avvenuta il 20 luglio scorso. L’assemblea osserva un momento di silenzio.

     Sono inoltre annunciati alcuni appuntamenti imminenti, tra cui il Premio Brunacci per la storia veneta, che ha conferito il premio Sigillum Mons Silicis al socio ed ex-presidente Gianpaolo Romanato per il volume su Giacomo Matteotti. In concomitanza si svolgeranno, a Padova e a Monselice, due mezze giornate per il centenario di Giovanni Brunacci (1711-1772), “padre” della storia ecclesiastica padovana.

     Si procede poi con la presentazione di novità bibliografiche. Desta attenzione in particolare il volume, freschisssimo di stampa nella nota collana del Comitato per le fonti relative alla terraferma veneta fondato da Giorgio Cracco (n. 27), I cartulari di S. Pietro in Maone presso Rovigo (sec. XII-XV), a cura di Primo Griguolo e Donato Gallo con la collaborazione per gli indici di Marco Bolzonella (Viella, 2011). Nella premessa si ricorda come l’edizione fosse stata promossa, a suo tempo, da Sante Bortolami. A questo proposito il socio Leopoldo Saggin porta anche copia di un opuscolo testè uscito per ricordarlo ad un anno dalla scomparsa. Curato dall’arch. Mario Bortolami e stampato dalla parrocchia di Voltabarozzo, esso contiene la trascrizione di una conversazione tenuta da S. Bortolami alle scuole dell’obbligo di Voltabarozzo nel 2010, in occasione del VII° centenario di fondazione della parrocchia stessa.

     Alle ore 16.20 il presidente presenta brevemente il relatore del pomeriggio dott. Gabriele Pelizzari, già dottore di ricerca a Padova presso la Scuola di dottorato in Scienze storiche (indirizzo: Storia del Cristianesimo e delle Chiese), ora assegnista presso l’Università Statale di Milano. Il relatore presenta con precisione e pacatezza, avvalendosi inoltre di proiezioni, i risultati raggiunti nel suo lavoro di ricerca per la tesi, condotta sotto la guida del prof. Remo Cacitti, che è stato edito nel grosso volume: Il Pastore ad Aquileia, presentato nella scorsa primavera. Il titolo, Manifesti del Regno. L’iconografia paleocristiana e le antiche comunità cristiane: il caso di Aquileia formula con pregnanza l’ambito e l’intento in cui si muove la conversazione, ossia l’esame del rapporto tra il vissuto religioso e l’iconografia sacra in epoca anteriore al medioevo (epoca in cui si verificano vari spostamenti di senso all’uso delle immagini). Il mondo antico – e dunque anche il cristianesimo dell’epoca – vedeva nelle immagini qualcosa di diverso rispetto al semplice decoro: l’immagine era autenticamente evocativa. Diventa, quindi, importante per lo studioso esaminare l’intenzionalità che porta all’immagine. L’iconografia paleocristiana (i primi quattro secoli) elaborò delle vere e proprie affermazioni teologiche tramite le immagini. Da questo punto di vista, i mosaici della celebre ‘aula del vescovo Teodoro’ di Aquileia rappresentano un documento davvero “smisurato e complesso”, da intendere come forma di confessione di fede e non solo come monumento – peraltro assai variamente interpretato – dell’arte paleocristiana. Si tratta, tra l’altro, della più antica testimonianza della Chiesa aquileiese rimasta in nostro possesso. Il sistema basilicale teodoriano, concluso entro l’anno 319, è costituito da una estesa struttura ad aula doppia, con una pavimentazione musiva che da molto tempo ha attratto l’interesse degli studiosi. Prendendo in esame l’aula sud, interpretata di solito come ‘catecumenion’, il relatore fornisce la ricostruzione dell’intero pavimento musivo; chiarisce che non tutte le domande hanno finora trovato una risposta, ma allo stesso tempo evidenzia il sorprendente legame tra le scelte iconografiche e la strutturazione del ciclo musivo con il Pastore di Erma, un noto testo greco composto, forse a Roma, negli anni Venti-Trenta del II secolo, nato senza dubbio in un ambiente di matrice giudeo-cristiana, che era utilizzato per la formazione dei catecumeni e che, in alcuni ambienti, ebbe una considerazione alla pari degli testi canonici del Nuovo Testamento. Erma forse proveniva da Aquileia (antiche tradizioni lo fanno fratello di papa Pio I) e l’ipotesi di un testo catechetico ‘aquileiese’ è stata avanzata da alcuni studiosi da vari decenni; inoltre l’aula teodoriana giunta a noi era con buona probabilità destinata ai catecumeni: risultano così chiare la natura e la finalità del pavimento musivo, quella di fungere da autentico “manifesto” che si fa strumento catechetico disponibile a tutti.

     La relazione ha destato molto interesse, come ha dimostrato la discussione successiva.

Padova, 1 novembre 2011

Emanuele FontanaSegretario
Donato Gallo
Presidente

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RIUNIONE - 12 novembre 2011

     Il presidente D. Gallo apre la riunione fornendo alcuni dati sugli iscritti all’Autunno paleografico che inizia il 15 novembre. Si procede poi con la consueta presentazione di novità bibliografiche.

     Alle ore 16.00, con anticipo sul previsto, il presidente dà la parola alla prof.ssa Tiziana Piras, docente di letteratura italiana presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Trieste. La relatrice presenta il suo intervento dal titolo L’unità d’Italia in “Piccolo mondo antico” di Antonio Fogazzaro. Antonio Fogazzaro (1841-1911), di cui ricorre quest’anno il centenario della morte (già celebrato con convegni ed altre iniziative, soprattutto a Vicenza), fu una figura di cattolico nato nel Risorgimento, precursore – con la sua sensibilità e apertura alla scienza – delle discussioni sui rapporti tra scienza e fede. Grazie allo studio di molti materiali redazionali ed autobiografici (brutte copie, minute, diari non del tutto pubblicati, epistolari), ora la figura di Fogazzaro può essere riconsiderata con compiutezza, superando la classica e meritoria biografia scritta da Tommaso Gallarati Scotti. Cattolico fervente, ma anche tormentato, fu sostenitore del rinnovamento della Chiesa, con un “progressismo fondato sulla forza conservatrice”. La studiosa si è soffermata sull’immagine del Risorgimento delineata dallo scrittore, focalizzando l’attenzione sulla sua opera più nota e più felice, il romanzo ‘Piccolo mondo antico’, ambientato negli anni 1851-1859, nel periodo che, dalla fallita rivoluzione del 1848, sfocia nella seconda guerra d’indipendenza. La relatrice, in un’opportuna premessa filologica, fornisce alcune precisazioni sulla progressiva corruzione della lingua e sulle perdite di parti di testo che il romanzo subì nelle varie edizioni a stampa dopo la prima del 1891 e presenta alcune considerazioni sul lavoro di edizione critica del testo che sta conducendo nell’ambito della Edizione nazionale.

     Dopo una carrellata sulle valutazioni critiche di Fogazzaro nel corso del sec. XX, la relatrice si sofferma anche sulla crescita spirituale dell’autore. Il romanzo diventa un terreno di confronto tra idee: la modernità dell’autore sta anche nell’essere stato uno dei pochi letterati italiani a relazionarsi con il romanzo politico. In Piccolo mondo antico la tematica della giustizia divina e della giustizia terrena è infatti preponderante. Si tratta del romanzo fogazzariano più autobiografico che costituisce una risposta alle morti tragiche che segnarono la vita dello scrittore. L’obiettivo dell’Unità nazionale è fondamentale nell’epoca di ambientazione del romanzo e, primo fra tutti, si pone il problema dei rapporti tra Chiesa e Stato. Per Fogazzaro, il romanzo si oppone al quadro complessivo della vita pubblica italiana del nuovo Stato postunitario, assai lontana dalle idealità di partenza. Dunque, il tempo della storia e della memoria si sovrappongono. Un’ultima osservazione è stata infine dedicata al particolare “realismo” fogazzariano e all’uso dei dialetti. La relazione ha destato molto interesse, come dimostrato dalla successiva discussione.

Padova, 30 novembre 2011

Emanuele FontanaSegretario
Donato Gallo
– Presidente

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RIUNIONE - 10 dicembre 2011

     Giovanna Baldissin Molli, docente di storia delle arti applicate e dell’oreficeria presso il Dipartimento di Storia delle arti visive e della musica del nostro Ateneo, autrice di numerose e apprezzate pubblicazioni storico-artistiche sull’arte in area veneta nel Rinascimento, ha presentato in anteprima alla Societas il contenuto del suo libro – edito nalla collana del Centro Studi Antoniani di Padova e freschissimo di stampa (è stato presentato il giorno 8 dicembre, appena due giorni prima della riunione, a Narni) – Erasmo da Narni, Gattamelata, e Donatello. Storia di una statua equestre. La lunga e paziente ricerca che ha messo a fuoco molteplici aspetti e problemi di storia artistica, sociale e religiosa, ha ripercorso e molto spesso precisato, grazie a nuove basi documentarie, anzitutto la biografia di Erasmo da Narni (in realtà probabilmente di nome Stefano), il ben noto condottiero Gattamelata la cui nascita, di solito collocata nel 1370, va senz’altro posticipata, morto nel 1447. Titolare del celeberrimo monumento equestre innalzato da Donatello nel sagrato della basilica del Santo a Padova, Erasmo da Narni fu capitano generale dell’esercito della Serenissima, ma fu anche al centro di una fitta rete di relazioni familiari con altri piccoli ‘signori della guerra’ del primo Quattrocento; fu inoltre legato a nomi illustri dell’Umanesimo veneto e italiano, come Ciriaco d’Ancona e Francesco Barbaro. Condottiero nettamente legato ai poteri veneziano e fiorentino al tempo del doge Francesco Foscari e di Cosimo de’ Medici, divenne ricchissimo proprio grazie alla guerra. La sua casa padovana di via del Vescovado (un tempo contrada di San Giovanni delle navi), dove abitò in vita, restò poi alla vedova, Giacon Ada Leonessa, figura di donna molto notevole. Di qui passarono docenti universitari, francescani della basilica del Santo, nobili veneziani coinvolti nel rinnovamento artistico rinascimentale. La cerchia di frequentazioni insieme ai forti legami familiari con i Lion, nota famiglia della élite padovana, rende ragione dell’arrivo di Donatello a Padova, anzitutto come sommo artista (in un certo senso con il permesso di Cosimo il Vecchio, in una fase di ottimi rapporti fiorentino-veneziani) proprio con l’incarico di eseguire il monumento. La rilettura dei documenti, anche in relazione con l’esecuzione contemporanea del complesso, e successivamente variamente manipolato, altar maggiore nella basilica del Santo, ha permesso di chiarire alcuni aspetti sin qui discussi, rilevando contestualmente la problematicità di altri. Da ricordare inoltre che la cappella funeraria di Erasmo e del figlio Giovanni Antonio (unico maschio, che ne continuò per poco l’arte della guerra subendo una ferita che lo menomò, mentre restarono parecchie figlie femmine a collegare i Gatteschi con altre importanti famiglie), la cappella funeraria – si diceva – dove si trovano ancora le due tombe con figure dei ‘giacenti’, era provvista di un disperso polittico opera di Iacopo Bellini e figli e ha restituito frammenti di tessuti preziosi rinvenuti nel corso dei lavori di trasformazione negli anni ‘30 del secolo XX. La relatrice ha anche citato una fonte molto importante, quasi eccezionale: l’inventario dei beni mobili e immobili, dei crediti e degli investimenti, dei fornimenti di vestiario e delle suppellettili già spettanti al condottiero e alla sua vedova, stilato nel 1467 nel corso di una accesa controversia tra le figlie della famiglia Gattesca per la parte lasciata dal premorto fratello Giovanni Antonio, la cui unica figlia naturale fu allevata dalla nonna Caterina.

     La relazione, assai apprezzata per la vivacità espositiva e supportata da ampi riferimenti a immagini proiettate, ha destato un vivo interesse.

Padova, 12 gennaio 2012

Emanuele FontanaSegretario
Donato Gallo
Presidente

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Chi siamo

La Societas Veneta per la storia religiosa si propone di diffondere passione e interesse per gli studi inerenti la storia ecclesiastica, alla quale si richiamava la denominazione iniziale dell’Associazione. Inoltre vuole sensibilizzare ad uno studio della storia intesa come rigore critico, ricerca delle fonti e dei documenti, scrupolo interpretativo fondato su un corretto metodo filologico e non sul dilettantismo.

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