Anno 2019

ASSEMBLEA ANNUALE ORDINARIA e RIUNIONE - 26 gennaio 2019

     Alle 15.45 di sabato 26 gennaio 2019 viene dichiarata aperta, in seconda convocazione, l’assemblea ordinaria annuale elettiva della “Societas veneta per la storia religiosa” dalla Presidente designata Cristina Marcon che verifica la validità della stessa come da convocazione inviata ai soci in data 11 gennaio 2019.

     La relazione del Presidente uscente, Marco Bolzonella, ricorda l’attività svolta nell’anno, gli incontri mensili, il corso annuale di cultura che ha trattato il tema: Sulle vie della cristianità. Pellegrinaggi dal Medioevo ai giorni nostri e il corso Autunno paleografico. Le iniziative, in particolare i due corsi, hanno avuto una presenza di pubblico e frequentanti sempre considerevole, come nella tradizione. La gita di fine anno sociale non è avvenuta per privilegiare l’incontro nel mese di giugno con il prof. Antonio Rigon che ha presentato il suo volume: Gente d’armi e uomini di chiesa. I Carraresi tra Stato Pontificio e Regno di Napoli (XIV-XV sec.), Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, 2017. Ringrazia poi la comunità di Santa Giustina per la generosa ospitalità e i soci che si sono prodigati per la realizzazione del programmi dell’associazione.

     Prende poi la parola il tesoriere, Giannino Carraro che presenta il bilancio consuntivo che è approvato all’unanimità, e il bilancio preventivo, approvato pure all’unanimità.

     Dopo la presentazione dei nuovi soci, Enrico Baruzzo e Filippo de Angeli, si passa alla votazione che avviene con ventidue soci votanti e cinque deleghe, escludendo i due nuovi ingressi e i soci onorari. Durante lo spoglio delle schede viene dato spazio, come da programma, alla presentazione di lavori e studi in corso dei soci.

     Prende per primo la parola il neo-socio Enrico Baruzzo che ricorda il suo studio sul vescovo Elia Dalla Costa di prossima pubblicazione nella collana Italia Sacra e le due ricerche ancora in corso riguardanti l’una i rapporti tra la Diocesi di Padova e l’Università tra gli anni cinquanta e settanta del secolo scorso in un momento di grandi cambiamenti epocali, l’altra il passaggio della Basilica Antoniana dallo Stato Italiano alla Santa Sede, passaggio che si rivelò assai problematico soprattutto per quanto riguardante l’Arca del Santo. Segue un interessato dibattito che permette al nuovo socio di approfondire gli argomenti di studio che proseguiranno a breve presso l’Archivio Vaticano a Roma.

     Prende poi la parola Franco Benucci che presenta due ricerche: la prima riguarda la donazione che don Roberto de Mabilia, parroco della chiesa di San Daniele in Padova nonché notaio, in particolare dei malati di peste, fece alla chiesa di Montepeloso, oggi Irsina in Basilicata, terra di cui era originario. Tra le opere donate figurava la Santa Eufemia di Mantegna, oggi conservata al Museo di Capodimonte a Napoli in seguito a uno scambio d’opere. Il prof. Paolo Sambin aveva per primo dato l’avvio alla ricerca su questo argomento, ripreso poi dalla pubblicazione di Francesco Liguori e oggi da Franco Benucci. La seconda indagine riguarda i rilievi in terracotta di gusto post-donatelliano, realizzati a scopo decorativo/architettonico e diffusi in un’area identificabile tra le provincie di Rovigo, Belluno, Verona e Pordenone.

     Silvia Carraro, in parallelo a una ricerca sull’ambiente dei manicomi, si sta ora occupando di “Eremitismo urbano”, fenomeno che riguarda la scelta, diffusa già dal tredicesimo secolo, di molti laici e soprattutto laiche, di rinchiudersi in eremitaggio in piccoli luoghi all’interno delle città, senza per altro aderire a specifici ordini religiosi. Lo studio si basa quasi esclusivamente sulla ricerca d’archivio che mira a collegare anche piccole e sporadiche notizie ricavabili in particolare dai testamenti o dalla documentazione parrocchiale. Frequentemente queste figure appaiono legate alle chiese o parrocchie vicine ai luoghi del loro eremitaggio. Solo nel diciottesimo secolo il papa assegnò ad alcune di loro la regola di Sant’Agostino.

     Silvio Ceccon, oltre a ricordare i manuali di Storia della Chiesa già presentati in un precedente incontro della Societas ai quali ha collaborato, presenta la collana Chiese di Venezia, Marcianum Press, in particolare l’ultimo numero uscito su San Pietro di Castello e quello di prossima pubblicazione su San Giacomo dall’Orio. La collana è nata sotto l’egida dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e si occupa ad ampio raggio degli aspetti liturgici, architettonici e religiosi degli edifici.

     Piera Ferraro illustra brevemente la sua ricerca sulla Corporazione dei pellettieri a Padova che ha avuto inizio dallo studio degli statuti conservati presso la Biblioteca del Seminario della città.

     Al termine vengono presentati i risultati dello spoglio delle schede di votazione, scrutinate dai soci C. Fruscalzo e R. Zironda che hanno dato i seguenti risultati:

 

VOTI

Bolzonella Marco

23

Carraro Silvia

19

Ferraro Piera

18

Fontana Emanuele

18

Frison Rosetta

14

Carraro Giannino

12

Gallo Donato

10

Romanato Gianpaolo

10

Trolese don Francesco

9

     I sopra indicati nove soci risultano eletti nel Consiglio Direttivo della Societas veneta per la storia religiosa.

     Hanno anche ottenuto voti:
Saggin Leopoldo [8], Piovan Francesco [7], Servadei Luisa [4], Pagnoni don Giulio [4] Vozza Vincenzo [3], Lovato Antonio [3], Benucci Franco [1], Bottecchia Dehò M. Elisabetta [1], Marcon Cristina [1], Poppi Mario [1].

     Il nuovo Consiglio Direttivo, riunitosi successivamente in data 5 febbraio 2019, ha provveduto alla nomina delle seguenti cariche:
Bolzonella Marco  – Presidente
Rosetta Frison SegafredoVice Presidente
Carraro SilviaSegretaria
Emanuele FontanaTesoriere

     Sono stati inoltre cooptati nel Consiglio Direttivo: Antonio Lovato, Francesco Piovan, Leopoldo Saggin. Luisa Servadei conserva l’incarico di coordinatrice per la raccolta delle schede per la Rivista di storia della Chiesa in Italia.

Padova, 7 febbraio 2019

Silvia CarraroSegretaria
Marco Bolzonella
Presidente

RIUNIONE - 16 febbraio 2019

     La riunione prende avvio con la consueta rassegna bibliografica relativa a recenti pubblicazioni di storia della Chiesa medievale, moderna e contemporanea da parte dei soci Bolzonella e G. Carraro.

     Oggetto dell’incontro è la presentazione dei soci dott. Vincenzo Vozza (dottorando in Studi storici presso l’Università degli Studi di Padova e, in co-tutela, presso l’École Pratique des Hautes Études di Parigi) e dott. Ciro Giacomelli (dottore di ricerca in Lettere classiche presso l’Università di Padova e presso l’École Pratique des Hautes Études di Parigi) delle loro ultime pubblicazioni, rispettivamente: L’«onesto passatempo». I metodisti padovani e l’associazionismo tra la Belle Époque e l’intolleranza fascista e Ferdinando Geremia (1906-1944): spunti di riflessione dalle pagine de «La Riscossa» del 1926, entrambe pubblicate nel volume La Chiesa evangelica metodista di Padova: appunti di storia nel 150 anniversario della sua fondazione (1886-2016), a cura di Vincenzo Vozza (CLEUP, 2017).

     Il primo a prendere la parola è Vincenzo Vozza che sottolinea come fonte di ispirazione della sua ricerca sia stato il convegno organizzato da Paolo Sambin in ricordo di Ferdinando Geremia, membro della Chiesa evangelica padovana. Egli dapprima si sofferma sinteticamente sulle tappe che portarono la Chiesa metodista in Italia, approfondendone poi l’arrivo a Padova nel 1866 (poco dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia), e l’impatto che essa ebbe sulla società padovana dell’epoca. Di questo primo insediamento lo studioso sottolinea la rapida crescita (già nel 1868 gli aderenti erano 68 e più di 200 i “simpatizzanti” che frequentavano la chiesa) e il bacino d’utenza che ne rispecchiava l’azione evangelizzatrice. I metodisti infatti – fedeli al loro proposito di non fondare una Chiesa in Italia, poiché ritenevano la popolazione locale incapace di cogliere le differenze tra cattolicesimo e metodismo – rivolsero la loro attenzione ai ceti più disagiati della popolazione, in particolare ai piccoli artigiani. La loro azione si distinse in particolare per il carattere multidisciplinare: si avvalsero sia dell’editoria attraverso la diffusione di libri metodisti, di traduzioni della vita di Giovanni Wesley e fondando un giornale metodista italiano, sia attraverso la creazione di circoli culturali, tra i quali grande importanza ebbe il circolo Diodati, sul quale lo studioso si sofferma nel dettaglio. Punto di riferimento della Chiesa metodista a Padova, il circolo aveva l’intento di rafforzare l’educazione e l’istruzione anche degli italiani e in esso il ruolo delle donne non fu secondario.

     Infine, Vozza ripercorre rapidamente le tappe e i personaggi più importanti della Chiesa metodista in Italia: da Henry James Piggott alle difficoltà del periodo fascista fino all’unione con la Chiesa valdese nel 1975.

     L’intervento di Ciro Giacomelli si concentra invece sulla figura di Ferdinando Geremia. Vicino di casa e amico di Paolo Sambin – tanto che questi organizzò nel 1979, come già accennato, un convegno in suo ricordo – Geremia si era laureato a Venezia in Economia nonostante il suo interesse vertesse su temi religiosi, come dimostrano le pubblicazioni su “La riscossa”, importante rivista per la cultura metodista degli anni Venti, chiusa durante il periodo fascista. Giacomelli ripercorre le tappe che portarono alla conversione di Geremia all’Evangelismo, avvenuta nel 1930. Importanti furono certamente le riflessioni maturate durante il confino a Montemurro in Basilicata. Affascinato dall’influsso della cultura orientale su quella occidentale – nonostante tali teorie all’epoca fossero ormai sorpassate – Geremia scrisse sulla rivista “Civiltà Cattolica” articoli su tale questione (tra i quali nel 1928 un articolo relativo a un fachiro inglese), avvicinandosi a suo modo ai temi promossi dalla cultura protestante. Nel 1926 fu presente al convegno della Chiesa evangelica di Padova, durante la quale espose la relazione di una conferenza di un sociologo francese, intrecciando ai temi liberali, quelli della Chiesa evangelista e della rivendicazione antifascista. Giacomelli ribadisce che in questo quadro la conversione di Geremia ebbe un chiaro sapore politico; per di più impossibilitato a partecipare alla vita politica dell’epoca, egli riversò la sua attenzione alla vita spirituale e alla partecipazione alle attività culturali della chiesa.

     Al termine della presentazione segue un vivace dibattito sui temi presentati dai relatori animato in particolare dai soci Bolzonella, Marcon, Carraro, De Angeli, Trolese.

Padova, 30 aprile 2019

Silvia CarraroSegretaria
Marco Bolzonella
Presidente

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RIUNIONE - 11 maggio 2019

     La riunione prende avvio con la presentazione da parte del nostro socio onorario prof. Antonio Rigon, del prof. Antonio Banadonna, autore e regista del documentario:Le chiese di Padova entro le mura. Breve rassegna di alcuni aspetti storico-culturali” (2018). Medico presso l’ospedale di Camposampiero e cineasta per passione, Banadonna ha già all’attivo diverse collaborazioni concretizzatesi con la realizzazione di otto cortometraggi su tematiche storiche e ambientali che pongono una particolare attenzione all’area padovana e al Delta del Po. Come evocato dal titolo, il documentario proiettato durante l’incontro ha per oggetto la narrazione delle vicende storiche e architettoniche di alcune chiese di Padova. Tuttavia, come ha sottolineato Banadonna nel suo breve intervento introduttivo al filmato, il filo conduttore che ha determinato la scelta degli edifici non è una catalogazione o una classificazione basata sull’importanza delle singole chiese, quanto la nascita del cristianesimo a Padova e i segnali della sua diffusione che si possono trovare nella storia, nelle strutture e nei singoli manufatti conservati nel ricco patrimonio religioso padovano.

     Il documentario parte descrivendo la crescita esponenziale degli edifici di culto nel periodo medievale: 23 erano le chiese nel 1117, anno di un devastate terremoto, circa 50 alla fine del XII secolo, oltre 100 alla fine del Quattrocento. A testimonianza delle origini del cristianesimo nella città, il primo manufatto descritto è il sacello di San Prosdocimo, visibile nella chiesa di Santa Giustina e risalente al VI secolo. È una preziosissima opera paleocristiana tra le poche arrivate integre a seguito del già citato terremoto del 1117 e della successiva spianata veneziana che comportò la distruzione di molte chiese per fare spazio alle poderose mura difensive. Seguono due sequenze dedicate alle chiese di Santa Sofia e di San Nicolò, tra le più antiche della città: la prima di fattura romanica conserva alcuni lacerti di affreschi del XIV secolo di scuola giottesca; la seconda, dotata di un portale e un rosone in stile lombardesco, nasconde al suo interno molti indizi artistici di una devozione vivace stratificatisi nei secoli. Il racconto prosegue con la chiesa delle monache di San Benedetto Vecchio e il ricordo degli affreschi di Giusto de’ Menabuoi persi a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. A seguire il documentario offre preziose immagini delle meno note chiese di Santa Maria dei Servi e di San Canziano, delle opere contenute e del culto in esse praticato nel corso dei secoli. Tappa successiva è la chiesa di San Francesco Grande e il suo rapporto con il vicino ospedale, oggi sede del MUSME (Museo di storia della Medicina). La descrizione di San Massimo e delle tre chiese tardo barocche di Santa Lucia, Santa Croce e del Torresino – le ultime due sedi rispettivamente di un lebbrosario e di una fraglia – precede una sequenza dedicata alle confraternite devozionali, di arti e mestieri in città. Concludono il tour virtuale della storia della cristianità a Padova, le chiese di San Daniele, San Gaetano e San Tommaso Beckett con le loro opere risalenti ai secoli XVIII e XIX e gli ordini monastici che ne ravvivarono il culto, a dispetto di una più antica origine.

     Dinamico nella realizzazione delle sequenze grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate e stimolante alla visione grazie a un montaggio accattivante, il documentario è stato arricchito dai testi di Patrizia Dal Zotto e da una piacevole ed erudita selezione di musiche di sottofondo.

Padova, 25 settembre 2019

Silvia CarraroSegretaria
Marco Bolzonella
Presidente

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GITA - 8 giugno 2019

     La gita di chiusura dell’anno sociale 2018-2019 ha avuto come meta Castelfranco Veneto (TV) e ha visto la presenza di dodici partecipanti. La giornata è iniziata con la visita alla Torre Civica e al prestigioso Archivio Storico del Comune aperto appositamente per la nostra visita dal suo direttore, Matteo Melchiorre. È proseguita con la presentazione da parte del nostro socio prof. Donato Gallo del volume di Giacinto Cecchetto L’Ospedale di San Giacomo Apostolo di Castelfranco Veneto: ottocento anni di storia. Infine si è conclusa con la visita del Museo Casa Giorgione e la cena presso l’Agriturismo Ferraro. L’evento è riuscito bene anche grazie alla stretta e proficua collaborazione intessuta con il Comune di Castelfranco Veneto con il quale si auspica di organizzare nuovi incontri in futuro.

Padova, 25 settembre 2019

Silvia CarraroSegretaria
Marco Bolzonella
Presidente

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RIUNIONE - 12 ottobre 2019

     La riunione prende avvio con un sentito ricordo del prof. Gianfranco Granello da parte dei soci Donato Gallo e G. Battista Francesco Trolese. Per molti anni direttore del collegio Gregorianum, Granello si laureò in lettere moderne a Padova nel 1966 con una tesi sulla “Magnifica Comunità della Val Tesino nel medioevo” avendo come relatore Paolo Sambin. Insegnò nelle scuole superiori, divenendo Preside di molti licei del Padovano sino alla pensione nel 2002. Fu socio, oltre che della “Societas veneta per la storia religiosa”, anche di altre importanti associazioni venete e trentine tra le quali si possono ricordare la “Società di studi trentini di scienze storiche” di Trento, l’“Accademia degli Agiati” di Rovereto e la “Deputazione per la storia patria per le Venezie”.

     L’incontro è quindi proseguito con la presentazione di tre nuovi soci, Pierluigi Giovannucci, Claudio Grandis e Francesco Veronese (ai quali auguriamo una lunga e proficua collaborazione con la nostra associazione) e con la consueta rassegna bibliografica relativa a recenti pubblicazioni di storia della Chiesa medievale, moderna e contemporanea da parte dei soci Bolzonella, G. Carraro, De Vitt, Trolese.

     Oggetto della riunione è stata la relazione del dottor Silvano Fornasa dal titolo: La “morte sospesa”: il miracolo del momentaneo ritorno alla vita dei bambini morti senza battesimo. Prendendo spunto dal suo recente volume Il tempo di un respiro: il miracolo del ritorno alla vita in terra vicentina (Marsilio, Venezia 2018), vincitore del premio Brunacci 2018 di Monselice (PD) per la Storia e Cultura Veneta, lo studioso ha esposto gli esiti della sua recente ricerca su un tema molto praticato dagli storici d’Oltralpe, ma ancora poco conosciuto in Italia con l’eccezione dell’area alpina. Si tratta del miracolo di bambini morti prima del battesimo e ritornati alla vita per il breve tempo necessario per ricevere il sacramento che dava loro la possibilità di non divenire anime perdute nel Limbo. Fu un miracolo che ebbe un’ampia diffusione per un lunghissimo arco cronologico: circa sette secoli. I motivi alla base di questa popolarità furono senza dubbio molteplici. Tra essi si può annoverare il ruolo del battesimo quale momento di passaggio importante nella vita del cri-stiano; esso infatti consentiva ai nuovi nati di lavarsi dal peccato originale, di poter accedere alla visione del paradiso e di ratificare l’ingresso di un nuovo cristiano nella parrocchia pronta ad accoglierlo. Il dramma di un bambino nato privo di questo sacramento era duplice, traducendosi nell’esclusione dal paradiso e nella preclusione della sepoltura nel campo santo. A partire dal XIV secolo, si iniziò tuttavia a portare i bambini morti in alcuni santuari nei quali un’immagine sacra (spesso la Vergine o il Crocifisso) era in grado di indurre un piccolo segno di vita, “giusto il tempo” per impartire il battesimo, di constatarne una seconda morte e di permettere l’iscrizione nei registri anagrafici parrocchiali. Gli storici hanno ampiamente dibattuto sulla genesi di questo rito, cercandone l’origine nel folklore popolare, ma non trascurando la visione cristiana della salvezza.

     Altra motivazione che contribuì alla diffusione della ricerca di questo tipo di “soluzione” fu, secondo Fornasa, il “senso di colpa”, provato da molte famiglie, per aver avuto comportamenti talmente scorretti o peccaminosi da provocare una così dura punizione divina. A scegliere di intraprendere il lungo e faticoso viaggio verso il santuario era in particolare la madre: il suo ruolo, come quello della levatrice, fu determinante nella ritualità del miracolo. La cerimonia, pur diversa da luogo a luogo, aveva alcune tappe fisse: l’esposizione del piccolo all’immagine taumaturgica, le preghiere e i canti, l’annuncio del miracolo ai presenti (identificato con un tremore, una goccia di sudore, un cambiamento del colore della pelle), la certificazione del ritorno alla vita, il battesimo impartito dal sacerdote del santuario, la redazione di una fede scritta da portare al proprio parroco e quindi la registrazione nei registri di morte. Quanto all’atteggiamento della Chiesa verso il miracolo, esso fu diversificato, certamente prudente e attento a non rilevare irregolarità o abusi; solo nel 1755 fu tuttavia fatto divieto assoluto di rivolgersi a questi santuari ma, come spesso accade, la pratica continuò almeno sino alla metà del secolo successivo.

     Nonostante la diffusione del miracolo in larga parte d’Europa (Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Francia), in Italia esso è stato rilevato solo nell’arco alpino dal Friuli (dove si trova il noto santuario di Trave), alla Valle d’Aosta; nel Veneto invece, fino alla ricerca di Fornasa, esso era quasi sconosciuto. Dalla sua indagine sono emersi almeno trenta casi di bambini miracolati portati per lo più nei santuari montani trentini, ma anche l’esistenza di un santuario ad Arzignano, specificatamente dedicato, che contribuisce alla consapevolezza della diffusione del miracolo ben oltre l’area montana.

     Al termine della relazione è seguito un animato dibattito.

Padova, 5 novembre 2019

Silvia CarraroSegretaria
Marco Bolzonella
Presidente

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RIUNIONE - 16 novembre 2019

     La riunione si è aperta con la consueta rassegna bibliografica relativa alle recenti pubblicazioni di storia medievale, moderna e contemporanea da parte dei soci Bolzonella, Silvia Carraro, Donato Gallo (si veda l’appendice “Rassegna bibliografica”).

     Si è inoltre annunciata l’apertura della pagina Facebook della Societas veneta per la storia religiosa all’URL:

https://www.facebook.com/societas.veneta.1

invitando tutti i soci e gli amici ad aderire e diffondere questo ulteriore canale di comunicazione. Vi ringraziamo per i numerosi riscontri!

     L’incontro è proseguito con la lezione di Rino Modonutti dal titolo: Albertino Mussato, Pagano della Torre e le imprese degli italiani, tratta dal suo nuovo volume: Albertino Mussato, De gestis Italicorum post Henricum VII Cesarem (libri I-VII), Edizioni del Galluzzo, Firenze 2018.

     L’autore inizia illustrando l’importanza e l’ampiezza del corpus delle opere di Mussato – che spaziano dalla tragedia, alle epistole, fino agli scritti di storia che rappresentano la parte più importante e consistente della sua produzione – lette anche dal Francesco Petrarca e da Giovanni Boccaccio.

     Mussato inizia a scrivere in un momento storico significativo, ovvero la discesa in Italia di Arrigo VII per l’incoronazione. Non si conoscono infatti sue opere antecedenti nonostante fosse, all’epoca, un uomo maturo con una carriera politica di successo e fosse stato anche soldato del Comune. Sembra insomma che solo da questo momento egli inizi a scrivere di storia e di politica con una certa frenesia. Se si guarda alla sua storiografia in prosa, il progetto di Mussato parte dal De gestis Henrici VII Cesaris, nel quale Enrico VII non è solo il protagonista ma “l’interlocutore” di Albertino Mussato che si ritiene amico dell’imperatore, come spesso scrive nelle epistole. Il volume viene scritto mentre l’imperatore è ancora vivo e si chiude nel 1313 alla sua morte. Benché, nella tradizione scritta, il De gestis Henrici e il De gestis Italicorum siano due opere separate, è possibile che all’autore questa divisione apparisse più fluida poiché alla lettura (e con l’ovvia esclusione del dedicatario) si percepisce una sorta di continuità narrativa, così come Mussato vorrebbe che tale continuità fosse presente anche in altre sue opere di carattere storico. Se infatti il racconto del De gestis Italicorum termina nel 1321, nel Ludovicus Barbarus, ultima sua opera iniziata poco prima della morte, egli si sente in dovere di giustificare lo stacco del racconto, dovuto a questioni personali. Non a caso il concetto di storia nel Mussato si basa sulla cronaca, ovvero sul raccontare ciò cha accade nel momento in cui accade. Per questa sua peculiarità spesso è stato giudicato come mutevole nelle sue idee. Ma tale prospettiva è sbagliata: non è il Mussato che cambia la sua idea, ma è il mondo che lo circonda che cambia; sono gli eventi stessi che condizionano la sua narrazione.

     Chiarito questo problema, Modonutti passa a parlare del De gestis Italicorum, partendo dall’interlocutore: il vescovo di Padova, Pagano della Torre. Fu probabilmente quest’ultimo a convincere il Mussato a scrivere l’opera, come farebbero pensare l’interesse del prelato per le lettere e per la cultura e la sua propensione al mecenatismo, ricordata nelle sue epistole. Tale ruolo, molto sentito all’epoca, fu sugellato nel dicembre 1315, quando Mussato venne incoronato poeta e storico davanti ad Alberto di Sassonia (patrono dell’Università di Padova) e allo stesso vescovo; non a caso in quello stesso anno egli aveva scritto il prologo e almeno i primi quattro libri del De gestis Italicorum.

     L’opera continua narrando le vicende italiane che vedono coinvolta Padova, ritenuta da Mussato una città con un notevole peso nello scenario politico, baluardo del guelfismo d’Italia e nemica giurata di un altro grande protagonista degli avvenimenti dell’epoca: Cangrande della Scala. Pagano è al centro della lotta contro Cangrande e dunque, nella narrazione, il Mussato lo tira in causa nel prologo, nel libro IV, all’inizio del libro V ecc… rivolgendosi a lui non solo come suo interlocutore, ma anche come personaggio. In particolare nel tumulto del 1314, di fronte all’incapacità del podestà di Padova di reagire, fu Pagano a indicargli come gestire la situazione, facendo uscire tutte le milizie dalle piazze occupate e facendo rimanere solo la guardia del podestà. Il tumulto fu poi sedato dai Carraresi che nel racconto non appaiono come colpevoli, pur avendo iniziato la rivolta. Mussato addossò invece la colpa delle scorrerie ad altre famiglie, sulle quali si scagliò la spietata furia popolare dei Carraresi che portò anche all’assalto alla casa dello stesso Mussato.

     Modonutti prosegue con il racconto della battaglia di Montecatini (libro V) dettagliatamente descritta da Mussato, altro evento importante per conoscere le vicende dell’Italia del tempo. Lo studioso puntualizza che se questa narrazione, come le altre, sono una fondamentale fonte storiografica, non si dovrebbe dimenticare che per Mussato essa è soprattutto uno straordinario strumento politico, scritta perché gli serve per portare avanti i suoi obiettivi politici. Questa triplice funzione: letteraria, storiografica e politica, rende il De gestis Italicorum, di non facile “utilizzo” e ha determinato tra gli storici accese discussioni; per Modonutti si tratta tuttavia di tre aspetti indivisibili, parimenti indispensabili per leggere l’opera del Mussato. Come detto all’inizio, l’orizzonte non è rappresentato solo da Padova, ma si snoda attraverso una complessità di persone, situazioni e luoghi che forse noi abbiamo perso; cosa questa che emerge per esempio in un poemetto del 1319 che narra di un sua malattia durante la quale, in un sogno, l’autore esce da sé, si innalza come in una colomba, e vede l’Italia intera. Non è questo però l’orizzonte del De gestis Italicorum dove per Italia si intende invece un’Italia settentrionale dai confini alquanto confusi (non si sa dove sia collocata per esempio la Toscana o che cosa sia la Longobardia). Ecco quindi che, con il libro V, inizia la minuziosa narrazione della battaglia di Montecatini (1315) nella quale i protagonisti sono Cangrande della Scala e Uguccione della Faggiuola, finemente descritti sia dal punto di vista politico, sia psicologico. Di entrambi Mussato riconosce il valore politico, l’intelligenza e l’audacia; caratteristiche che segnano il loro ruolo nella storia. In altri episodi parla di Cangrande come un uomo coraggioso (episodio di Vicenza) e magnanimo, così come tesse, in questa prima parte, le lodi di Giacomo da Carrara che tuttavia critica fortemente nella seconda parte dell’opera in cui lo descrive come un traditore.

     L’intervento si chiude con una nota sull’edizione che segue la continuità narrativa del testo di Mussato e che dunque non utilizza i paragrafi.

     Al termine della relazione è seguito un animato dibattito.

Padova, 5 dicembre 2019

Silvia CarraroSegretaria
Marco Bolzonella
– Presidente

APPENDICE

Rassegna bibliografica

  • P. Foschi, D. Cerami, R. Zagnoni, Monasteri benedettini nella diocesi di Bologna (secoli VII-XV), a cura di P. Foschi, prefazione di L. Paolini, Bononia University Press, Bologna 2017

  • Il monachesimo femminile nel Mezzogiorno peninsulare e insulare (XI-XVI secolo) Fondazioni, ordini, reti, committenza, a cura di G. Colesanti, M.G. Meloni, S. Paone, P. Sardina, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea, Cagliari-Milano-Roma 2019

  • Libri e biblioteche: le letture dei frati mendicanti tra Rinascimento ed età moderna, Atti del XLVI Convegno internazionale (Assisi, 18-20 ottobre 2018), Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 2019

  • La medicina nel basso medioevo Tradizioni e conflitti, Atti del LV Convegno storico internazionale (Todi, 14-16 ottobre 2018), Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 2019

  • P. Grillo, La falsa inimicizia. Guelfi e ghibellini nell’Italia del Duecento, Salerno, Roma 2018

  • Percorsi di formazione e culture degli ufficiali e dell’entourage dei principi nei territori angioini (metà XIII-fine XV secolo), Études réunies par I. Mathieu et J.M. Matz, École Française de Rome, Roma 2019

  • Il libro di Angela da Foligno e le sue traduzioni, a cura di A. Bartolomei Romagnoli e M. Vedova, Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 2019

  • S. Di Paolo, Verso la modernità giuridica della Chiesa. Giovanni Francesco Pavini (ca. 1424-1485): la stampa, le decisiones, le extravagantes e la disciplina amministrativa, Roma 2018 (Online-Schriften des DHI Rom. Neue Reihe, Pubblicazioni online del DHI Roma. Nuova Serie, vol. 2)

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RIUNIONE - 14 dicembre 2019

     Protagonista della riunione è stato il Gruppo Vocale Novecento, composto per l’occasione da quattro voci, che ha eseguito un concerto dedicato ai canti del periodo che intercorre tra l’Immacolata Concezione e il Santo Natale. Diretto dal Maestro Maurizio Sacquegna (musicologo, insegnante e direttore di coro veronese), il gruppo è stato introdotto dal prof. Antonio Lovato che ha sottolineato le collaborazioni del coro con università, conservatori e accademie, nonché con importanti personalità musicali. Nato nel 2003 come un ensemble vocale maschile, il suo repertorio si fonda sulla polifonia rinascimentale, romantica, contemporanea e popolare. Nel 2005 nasce la sezione femminile con scelte repertoriali analoghe e nel 2010 nasce anche la sezione Voci bianche diretta dal Maestro Rosalina Bressan. Il Gruppo Vocale Novecento ha partecipato a numerosi concerti e manifestazioni vincendo diversi premi in concorsi nazionali ed internazionali, tra i quali si possono ricordare: i primi premi ottenuti al Concorso Internazionale Seghizzi di Gorizia, al Concorso Nazionale Pigarelli di Arco (TN), al Concorso Nazionale di Fermo, al Concorso Nazionale F. Gaffurio di Quartiano (LD), al Concorso internazionale di Verona e al Concorso Nazionale di Vittorio Veneto (TV) con la vittoria, inoltre, del XLIX Gran Premio Efrem Casagrande. Ha inoltre realizzato due incisioni discografiche contenenti antologie di Tomás Luis de Victoria e Antonio Lotti.

     Il concerto (i cui brani sono stati man mano contestualizzati dal direttore Sacquegna) è iniziato con i brani Ave maris stella e Ave Maria, quest’ultimo attribuito al compositore e organista spagno-lo Tomás Luis de Victoria (1548-1611), particolarmente attivo a Roma. Sono seguiti i brani Alma remptoris mater, cantata nel periodo dell’Avvento e composta da Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594) – massimo esponente della scuola polifonica romana e legato a quei dettami del Concilio di Trento che volevano una polifonia nuova, meno aderente alle polifonie fiamminghe – con il testo attribuito a Ermanno il contratto e l’antifona Puer natus est nobis, cantata all’inizio della Messa del mattino di Natale, eseguita con un organum parallelo, pratica descritta anche nel Micrologus di Guido da Arezzo. Puer natus in Bethlehem e Laude natalizia rappresentano un omaggio a due importanti compositori della polifonia veneta. Il primo brano, originario del centro Europa, forse della Moravia del XIII secolo, è stato eseguito seguendo l’armonizzazione di Gianni Malatesta, noto compositore padovano nato nel 1926 e ancora attivo; il secondo è un brano del XVIII secolo, armonizzato da Terenzio Zardini, frate fancescano veronese, scomparso nel 2000, insegnante di direzione di coro e di composizione da coro nel conservatorio veronese.

     Sono seguiti quindi il noto brano Jesu rex admirabilis, composto da Giovanni Pierluigi da Palestrina, con il testo attribuito a san Bernardo e il bellissimo brano In splendoribus sanctorum, composto dal maestro Federico Bassetto appositamente per questo concerto e dedicato alla Societas veneta per la storia religiosa.

     Infine il coro ha eseguito i brani O magnum mysterium e Gloria in excelsis Deo entrambi brani di Tomás Luis de Victoria (il primo brano è tra i più famosi del maestro), compositore molto prolifico, tra i massimi esponenti della polifonia tardo rinascimentale che studiò in Germania e a Roma dove conobbe molto probabilmente Giovanni Pierluigi da Palestrina.

     Al termine del concerto, una lunga ovazione ha salutato il gruppo composto dal direttore Maurizio Sacquegna, dal basso Nicola Turazza, dal tenore Federico Bassetto e dal soprano Alice Bolla.

Padova, 10 gennaio 2020

Silvia CarraroSegretaria
Marco Bolzonella
Presidente

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La Societas Veneta per la storia religiosa si propone di diffondere passione e interesse per gli studi inerenti la storia ecclesiastica, alla quale si richiamava la denominazione iniziale dell’Associazione. Inoltre vuole sensibilizzare ad uno studio della storia intesa come rigore critico, ricerca delle fonti e dei documenti, scrupolo interpretativo fondato su un corretto metodo filologico e non sul dilettantismo.

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